è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

SPECIALE GREEN SELECTION

IBISCO, Nowhere Emilia (album)

Oggi, per me, comincia ufficialmente il 2022. Per diversi motivi, uno dei quali il fatto che solo oggi esco dal turbinio virale di un inizio anno a base pandemico (ebbene sì, sono anche io un sopravvissuto alla quarta/quinta/sesta/ennesima ondata), ma sopratutto il motivo sta tutto in questo disco, che aspettavo – lo sapete – da anni e che oggi arriva come un segno del destino per riportarmi alla vita. Ho la fortuna, nel frattempo, di averlo già  ascoltato n.X volte, ma ancora non ho trovato la forza di distaccarmene: ogni traccia di “Nowhere Emilia” gronda ispirazione punk allo stato puro, con un bel po’ di disagio che si sublima nell’urgenza di un urlo elegante, in cui nessuna parola è fuori posto perchè un posto, dopotutto, non c’è. Però, fidatevi, basta premere play la prima volta sul disco di debutto di Ibisco per sentire di esserci eccome, in quel fottuto posto giusto. Il 2022, per quanto mi riguarda, è già  un anno migliore di quello che lo ha preceduto.

FRANCESCA MORETTI, In vendita

Se non la conoscessi, direi che la ragazza ha talento. Poi, però, succede che la vita va giri assurdi e che la giovane cantautrice lucana il sottoscritto abbia avuto la fortuna di incrociarla ancor prima dell’esordio: io, questi pezzi, li ho sentiti chitarra e voce nel buio lisergico di uno scantinato di quartiere – insomma, uno di quei posti speciali da cui tutto parte, sempre – e già  allora, nudi, mi avevano saputo convincere della bontà  di un progetto urgente, sincero e quanto mai generazionale. Che è più che avere talento, insomma. La conferma, dopo il debutto di qualche mese fa, arriva oggi con un brano che si fa godere, lasciando emergere la maturità  di una penna che ha ancora dello straordinario margine di crescita. E visto il livello di partenza, male non è.

MAELSTROM, Coralli

Allora, se hai un nome così “potente”, quasi nordico (anzi, estremamente nordico!) non puoi che attirare la mia attenzione. Poi, certo, non basta quello: serve anche un brano che sia all’altezza del senhal che il tuo moniker ha saputo lanciare al frequentatore un po’ nomadico come me. Fatto sta che se il pezzo è “Coralli”, allora ci sta che salga la voglia di aspettare nuovi cenni da parte di un debuttante che sembra avere già  idee piuttosto chiare: sicuramente, io e Maelstrom abbiamo ascoltato musica simile, e sentirsi meno soli è sempre qualcosa di speciale.

MARSALI, Booking

Ho un debole per il lavoro di Rebecca, lei lo sa e lo sappiamo entrambi: nonostante ciò, ho anche l’abitudine di divenire furioso nei confronti di chi delude le mie aspettative (che sono solitamente sempre molto alte), e di accanirmi contro chi mi illude di una qualità  che poi non persegue. Ecco, se Marsali è qui è proprio perchè il primo a tirare un sospiro di sollievo, dopo aver ascoltato “Booking”, sono stato io: il brano funziona, mi piace più del primo e cavolo, sono così felice di non aver abboccato ad un amo senza esca. Farsi pescare dalla musica che vale è sempre meraviglioso.

TERACOMERA, D.O.S.

Vabbè, ormai avrete capito che sono un grande fan delle cose fatte “alla vecchia”, che il mio nostalgismo un giorno mi ucciderà  ma che quel giorno, cazzo, potrò dire di aver provato a vivere come si deve. Ma vuoi mettere un gruppetto di improvvisati che finiscono in tutte le playlist del mondo ma poi, su un palco, cadono come mosche con una band che sa suonare, eccome, e riesce a farlo capire anche attraverso lo spazio di una live session? Senza considerare il coraggio che ci vuole, oggi, per pubblicare così un inedito, senza passare dai fronzoli della discografia e distribuendolo solo in una arrabbiatissima versione live che fa venir voglia di sudare, saltare ed applaudire i Teracomera.

ARTU’, Astronave

Bella penna (ma non è un mistero, per chi conosce un minimo la scena indipendente nazionale) quella di Artù, che torna a far sentire la sua voce con un brano giustissimo, dotato della solita qualità  emozionale. C’è la giusta voglia di rinascita e di evasione tra i versi della ballad di Artù, che si conferma uno dei più raffinati nomi del nuovo cantautorato italiano. Il tutto, con il solito appeal nazional-popolare che farebbe proseliti anche nel deserto.

CARLA GRIMALDI, Nebula

Ah, no. Non è quello che vi aspettate e ringraziate il cielo, perdio! Che cos’è il “nuovo”, se puoi aspettarti da dove ti colpirà , con quali forme e quale intensità ? Il “nuovo”, pasolinianamente parlando ma di certo non serve un poeta per capirlo (ma per dirlo, certamente sì) è ciò che non ti aspetti e che ti travolge con scioltezza, senza darti alcuna possibilità  di reazione che non sia spalancare la bocca e assistere al miracolo. Te lo aspetteresti da una che ha girato tutti i palchi d’Europa (e oltre) al fianco di artisti di calibro (in Italia, uno su tutti, Blindur) un esordio solista come “Nebula”, tutto incentrato su un recupero delle radici che si bagna, eccome, di un elegantissimo nazional-popolare? Il debutto di Carla Grimaldi è più vicino alla musica classica (che poi, che vuol dire, classico?) che all’indie-pop sfiatato che il mercato ci ha convinto a credere “cool”. Magari, chissà  che non serva a qualcuno per “risciacquare le orecchie in Arno“, o meglio, a Marechiaro.

FRANCESCO PINTUS, Inverni

Quello di Pintus è un altro nome non proprio sconosciuto a chi legge il mio bollettino: esattamente (o quasi) un mese fa, l’artista calabrese pubblicava “Erisimo” da completo indipendente, con la produzione di Fabio Grande. Oggi, inaugura il 2022 con un brano che sa di catarsi, e di assoluzione da ogni peccato: Francesco demistifica e scongiura il gelo di questo gennaio con una ballata per cuori infranti che non smettono di lottare; “Inverni” è l’unica medicina ad un freddo che non vuole saperne di passare. Il fatto, poi, che il brano sia registrato qui in una versione dal vivo che anticipa quella “ufficiale” che sarà  contenuta nel disco d’esordio previsto per la primavera alza ancor più il livello di sincerità  del tutto.

VOLPE, celabbiamofatta

Mi piace molto il nuovo singolo di Volpe, che è insieme uno e trino e che riesce a regalare alla scena una boccata d’aria che fa bene a cuore e polmoni. Il brano si muove su sonorità  deliziosamente pop, con una spruzzata di elettronica che comunque non riesce a nascondere l’imprinting chiaramente cantautorale di tutto il progetto. Quel che ne viene fuori è una canzone che starebbe in piedi anche senza orpelli di sorta, ma che – in questo caso – beneficia eccome di un lavoro di produzione saggio, ben dosato e gestito con mano esperta. Bravo, bravi.

PIANISTA INDIE, Patagonia

Non mi dispiace affatto il nuovo singolo di Pianista Indie, che tira fuori un brano introspettivo che però si fa condivisibile e di tutti sin dal primo ritornello. Certo, le sonorità  It-Pop del tutto ormai possono sembrare un po’ consumate, ma la verità  è che -per una volta – il testo del brano basta per volare la canzone alla giusta altitudine. Buona per tutte le stagioni, anche per questo inverno senza fine.

PROBLEMIDIFASE, Mascara

Niente male anche il nuovo singolo di Problemidifase, che oscillando tra sinth-wave e dream-pop porta a casa una ballad romantica ma lisergica allo stesso tempo; certo, qualche punto debole c’è ma tutto sommato assomiglia più ad un peccato veniale di giovanilismo che ad una tara irrisolvibile del progetto: la capacità  interpretativa di Problemidifase merita di essere portata ad uno step-up per non trasformare un brano carino in una litania che, per quanto ipnotica, rischia di rimanere troppo asettica e fredda. Comunque, nel complesso, una buona conferma.

FEDERICO CACCIATORI, Punti Fermi

Torna anche il compositore apuano, che dopo aver dato luce alla sua rinascita con “Veste di colori” (primo capitolo del nuovo corso creativo di Cacciatori dopo l’esordio con “Moments From Space“) torna a mettere in chiaro quali siano le cose importanti della sua vita personale ed artistica con “Punti Fermi”: un continuo sovrastrutturarsi verticale di layer e sintetizzatori imperniati sulla solita presenza guida della ritmica, vero e proprio “punto fermo” dell’orchestrazione di Cacciatori. Il futuro prevede un ritorno sulla lunga distanza che saprà  regalarci qualche sorpresa inattesa: chi vivrà , vedrà .

ADA, Quando non ci sei

Bel tiro, eccome, il nuovo singolo degli ADA, che battezzano il nuovo anno a colpi di riff e idee chiare come quelle che si respirano tra le trame quasi noise di “Quando non ci sei”. C’è qualcosa di estremamente caustico nel brano, che si arrotola intorno ad una frase di chitarra che melodicamente e ritmicamente sostiene il tutto, dando la possibilità  alla voce di svincolarsi da ogni pretesa vocale per lanciarsi in un’invettiva urgente, da togliere il respiro.

VOINA, Stranger Things

Ehi, c’è della vita in Italia e passa tutta (o quasi) per V4V, forse la realtà  più interessante del nuovo panorama indipendente. Voina tira fuori dal cilindro un ruggito rock che non perde comunque il suo appeal pop, sarà  anche per quell’universo a cui sembra volersi riferire sin dal titolo: in realtà , la vera chicca della canzone è l’inciso, apice rumorosissimo di un testo scritto con mani esperte e cuori aperti. Gran pezzo.

LETIZYA, Buonanotte

Mi piace, bella ballad quella di Letizya che ricorda un po’ le grandi voci del pop di inizio duemila (da Laura Pausini a Giorgia) ma anche qualche nuovo nome dell’indie nazionale (su tutti, Chiamamifaro). Il testo è pregevole, la voce anche: insomma, gli ingredienti ci sono tutti per far sì che la miscela, prima o poi, esploda. Qualche ingenuità  di gioventù, ma nel complesso davvero un buon prodotto. C’è solo da crederci il giusto.

CHIMMERI, MR. BRUX, Piove

Non è proprio qualcosa che vibra al tempo giusto delle mie corde, ma è indubbio che il nuovo singolo di Chimmeri possiede tutte le caratteristiche giuste per trovare il proprio spazio tra le nuove hit della Gen Z. Il ritornello è effettivamente dotato di un elevato livello di “tormentonismo radiofonico” che non è casuale, e che testimonia il talento di una penna comunque da tenere d’occhio.

FANIZZI, Sandra

Cesare Cremonini ha segnato le vite di tanti autori, inutile dirlo, ma quella di Fanizzi, di scrittura, sembra averne risentito eccome dell’approccio del cantautore bolognese. Questo non riduce di certo l’estro di un brano ben scritto, ma serve quantomeno ad inquadrarlo nel mondo musicale a cui appartiene: quello di una ballad pop che prova a toccare corde più profonde rispetto a quelle a cui ambisce la metà  della nuova scena indipendente.

SUGAR FOR YOUR LIPS, Idea

Yeah! Appena parte quel maledetto riff, le idee si schiariscono e il cielo si apre su un ascolto finalmente un po’ diverso rispetto alle solite porcate proposte dalla scena nazionale. C’è qualcosa di estremamente “disagiato” nel rock degli SFYL, che certamente richiama a mondi cari – su tutti, i FBYC. Però quel ritornello ha qualcosa che esula dal genere, per rifarsi ad un pop quasi più vicino ai primissimi Negramaro. Insomma, un bel mescolone che mi aggrada e non poco.

SOLISUMARTE, Palazzi Bui

Solisumarte è ormai una realtà  che non è conosciuta solo ai malati dell’underground come me: il duo di scuola Leindiemusic ha conquistato, negli ultimi tempi, vette di audience importanti ritagliandosi spazi in tutte le principali playlist editoriali. Il motivo? Semplice, funzionano e senza troppe pretese: meno seghe, più risultati. Il testo gira, come sempre, le voci sono giuste (pronti, forse, per il tanto temuto passo del talent? Potrebbero funzionare”…) e la produzione certamente aiuta.

URANIA, Orbita lunare

Bell’esordio per il duo abruzzese, che con “Orbita Lunare” lancia nello spazio un singolo che pare essere una confessione a cuore aperto ad una scena sempre più in cerca di sincerità  ed urgenza. Qui, di entrambe, ce n’è in abbondanza: la produzione tinteggia e contrappunta con tinte dark un testo ben scritto, che aiuta l’anima a sentirsi meno sola. Brano catartico, farmaco utile a lenire gli strappi di questo inverno che pare non voler finire.

LAMETTE, Occhi Diamante

Anche per Lamette, vale un discorso molto simile a quello fatto sopra per Solisumarte: altro duo, altra corsa verso un successo che comunque arriverà  presto e già  fa l’occhiolino attraverso le fessure rarefatte di playlist sempre più intasate di nuovi talenti. Le idee melodiche si fanno apprezzare, e il ritornello possiede la giusta fotta. Ci sta.

RICKY FERRANTI, Vita a spanne

C’è del Morricone, nel nuovo singolo di Ricky Ferranti, ormai un nome fisso del mio bollettino. In realtà , il brano quando parte ricorda più altri mondi legati al cantautorato nazionale (uno su tutti, il grande Ivan Graziani, ma tre le pieghe del brano ammicca anche sornione il Principe De Gregori di “Bufalo Bill”) e internazionale (inutile che si citi quantomeno Mark Knopfler, dopo aver ascoltato il primo attacco di chitarra di “Vita a spanne”), ma la verità  è che Ricky sembra uno che le cose le fa sempre, innanzitutto, a modo proprio. E già  questo, per me, vale ad inserirlo costantemente nel mio catalogo del weekend.

THE RIDEOUTS, Get a little closer

Amy Winehouse e Santana che si prendono per mano e ri-attraversano gli anni Settanta nel segno delle grandi voci della San Francisco Renaissance: c’è qualcosa di estremamente hippie nel nuovo singolo di The Rideouts, che convince fin da subito innestando nell’animo dell’ascoltatore la giusta dose di entusiasmo ed energia.

SERENA COAL, Alquemist

Bel tiro anche per Serena Coal, che intelaia sulle trame swing di un accompagnamento ben fatto le linee melodiche giuste di una ballad romantica che però non perde di mordente, anzi: come il titolo sembra poter suggerire, il brano è un’alchimia riuscita di più cose giuste, che lievitano con efficacia nel giro di una manciata di minuti di canzone. Bella storia.

CRISSO, L’artista

Un po’ Murubutu, un po’ “Sympathy For The Devil” il nuovo brano di Crisso, che tira fuori un po’ di sassolini dalle scarpe nel suo “j’accuse” auto-riflessivo, con un bel po’ di poesia cruda che non rimane però affatto indigesta: c’è dell’urgenza e tanta sincerità  nelle barre di Crisso, e la penna è davvero affilata. Da seguire.

TALES OF SOUND, Paura

Ammicca Caparezza tra le trame fitte di “Paura”, il nuovo singolo di Tales of Sound che mette benzina sul fuoco già  acceso di un progetto che sicuramente ha della rabbia da spurgare e ha trovato nella musica un farmaco utile un po’ a tutti, da entrambe le parti della barricata. In effetti, l’ascolto del brano è catartico: impossibile rimanere impassibili.

LABRADORS, Retrivier (album)

C’è qualcosa di magico in ogni nuova pubblicazione dei Labradors, che negli anni hanno saputo conquistarsi spazio nel cuore a colpi di sincerità  lisergica, brit-rock e una buona dose di esperienza (che non fa male, in un mondo di sbarbatelli improvvisati) che fa della band una garanzia ad ogni uscita. Anche, se non sopratutto, quando tirano fuori un disco quasi mod nell’approccio, con il giusto grado di buono e sano nostalgismo.

SAMUELA SCHILIRO’, Santa Madre dell’Umanità 

Convincente il nuovo singolo di Samuela, che fa proprie le paranoie e le paure di un’intero cosmo e le destina alle linee melodiche riuscite di un brano che rimane sospeso, etereo ed efficace a restituire sin da primo ascolto l’ansia esistenziale di un’umanità  sull’orlo del baratro.

DHEITI, The Guest (EP)

Mamma mia, che timbro! C’è del soul e della black music nel trittico riuscito di Dheiti, che scalda il weekend con le sfumature cavernose di una vocalità  che da sola riesce a reggere l’impianto di tutto l’EP, grazie ad un’identità  personale che va oltre il gusto personale. Che comunque, fa sì che io rimanga colpito dal fatto che, in Italia, per fortuna, ci sia ancora chi sposa un certo tipo di “causa musicale”.

LUCIANO TARULLO, Insegnami a sorridere ancora

Fotografia piangente di una normalità  che è diventata abuso quella di Luciano Tarullo, che nel suo nuovo singolo si lascia accompagnare da un pianoforte solitario come il cuore del cantautore. Il testo è ispirato, e sembra anche piuttosto sofferto: c’è della sincerità  nella musica di Tarullo, e questo basta al sottoscritto per consigliarvene l’ascolto. Bel crescendo finale che aiuta il tutto a prendere il volo.

STILL EIGHTEEN, Piazza Cavour

Bello slancio da post-apocalisse, per un brano che respira forte le influenze dei primi Settanta e le restituisce in un inno bellicoso ad un mondo che pare crollare a pezzi. Bei suoni e timbri giusti nelle trame scure quanto deliziosamente melodiche di “Piazza Cavour”, che a tratti si fa quasi brano operistico.

CASALAYNA, Mongolfiera

Brano sentito e sofferto quello di Casalayna, che si fregia di un’ottima vocalità  per rendere in musica l’emozione di “Mongolfiera”. La canzone si gode un ottimo testo che pare fatto appositamente per prendere il volo: la climax riuscita dell’arrangiamento aiuta l’obbiettivo ad essere raggiunto, ma la verità  è che la chiave rimane nella scrittura matura di un nome da tenere d’occhio.

CLOUDCASTER, Tempesta / Accabadora

Merita uno spazio a particolare Cloudcaster, che scopro oggi e me ne beo: in uno dei venerdì più densi degli ultimi mesi, i due singoli pubblicati dal gruppo sono balsamo purificante e ispirante; due lavori da preservare dall’anonimato del fine settimana, e finalmente utili a non essere macinati dalla rincorsa all’easy listening: quello che fanno i Cloudcaster è complesso, perchè pieno di gusto e di scelte azzeccate con estrema naturalezza. Anche i punti deboli, nel giro di danze dei due brani, diventano tratti d’identità : il mixaggio del distico non sempre mi fa impazzire, ma lo ritengo frutto di scelte estetiche ben consapevoli. Per dire, il risultato finale è così fino da poter parlare persino, nello specifico, del mixing. E quando mi ricapita più? Bravi bravoni.