Probabilmente nella oramai lunga carriera di Cat Power rimane un punto fermo terapeutico rilasciare a frequenza irregolare le proprie versioni di canzoni di altri, probabilmente si tratta di fasi in cui il carico musicale, certo di ascolti e ascolti di cose che ti colpiscono per affinità o per l’incommensurabile astrazione del bello, diventa un bagaglio interiore talmente incandescente che deve venire a patti con la sua catarsi in qualcosa di meglio definito, e sicuramente questo mettersi in gioco con idee e creazioni altrui è il miglior modo per la Marshall per riprendere il filo col rapporto con la musica ed in sintesi con sè stessa.
Sembra quindi teneramente evidente come si senta il bisogno esplicito di dover immagazzinare il fascino di questa linfa musicale che si trova nell’aria, come lei ama definire, per riuscire ad entrare di necessità a contatto con questo universo di emozioni sonore, da catturare perchè presenti dentro e fuori il corpo di questa 50enne, in perenne fragile equilibrio emotivo, che concentra ancora una volta in un album di covers tutto il suo mondo a variabile intensità , riuscendo a trovare un luogo sicuro dove far convivere, ancora una volta in modo assolutamente convincente, gusto, coraggio e sincerità di esecuzione.
Dentro “Covers” ci sono brani di autori cari a Chan da sempre, (Iggy Pop, Nick, Cave, The Replacement, Jasckson Brown ) con qualche sorpresa (Frank Ocean) e l’aggiunta di una cover di un suo pezzo “Hate” che nel disco diventa “Unhate”, in un processo che vede la band accompagnare la calda voce della Marshall al solito incorporandola dentro noti lidi che sanno molto di un’America soul rurale anni 70, con pochissime concessioni all’elettronica, ma concentrandosi sull’essenza dei pezzi, ognuno come un capitolo ben riuscito dentro un romanzo perimetrale, in questo meravigliosamente riuscendo a contribuire alla volonta di filtro personale della canzone da parte dell’artista di “The Greatest”, che alla fine di tale esperienza riflessiva di traduzione di queste composizioni produce un risultato che a posteriori non si distacca molto da quello che abbiamo sempre voluto e conosciuto del soggetto Cat Power, delle limpide ballate a volte minimali con qualche linea di piano a suggello (“Here comes a regular”), altre quasi gospel ninna nanna ( “Pair Of Brown Eyes”), in grado di creare quel clima a noi così caro dei momenti più veri della cantante di Atlanta, e che danno la dimostrazione precisa di come poi tutto si riconduca a un discorso di sensibilità , senza eccessi, un pizzico di metodo, ma molta, molta fiducia nell’ispirazione da studio, “io e la band e questo feeling che mi porto con me da un pò”.
Non ci rimane altro che farci coccolare da queste mature intrerpretazioni, di un’artista ormai così consapevole della propria capacità di modellare la bellezza che ci circonda nell’aria che a volte dà come l’idea di essere quasi arrivata a poter dire solo questo e niente più di nuovo, ma è forse troppo umiliante parlare in questi termini dopo aver riscontrato il buon valore di queste canzoni, dopo aver apprezzato la lunga e tormentata stagione sull’orlo di una eterna crisi di nervi di Chan, così poco definibile, così tenera,così a noi vicina nell’eterno tentativo di fissare ciò che il flusso di coscienza le impone di fare, che non possiamo che accettare l’ennesimo disco di covers,che forse per altri potrebbe essere solo una dimostrazione di mancanza di idee, ma che invece qui è un’ancora felice per far rivivere un patrimonio comune , grazie alla sicurezza soprattutto dell’ineguagliabile interpretazione canora, che accarezza le parole accompagnandole anche oltre la loro durata, estendendo in una specie di scia il legame fra liriche originarie ed il senso per la cantante di queste operazioni.