Ricordo un interminabile viaggio in autobus per andare ad un colloquio di lavoro, nella campagna milanese. Mi sarei laureato in estate del “’92 e volevo tirare su qualche soldo per andare al Reading Festival, lo sognavo da anni.
Nel mio “discman” questo CD dal suono carico, saturo, cadenzato, con la traccia vocale appena sussurrata, molto enigmatica. E quel brano “Nothing Natural” ascoltato a ripetizione.
Da allora ogni volta che riascolto il brano penso a quel paesaggio ovattato, in tonalità  di grigi, la solitudine del viaggiatore d’autobus fuori orario, lontano dal traffico pendolare, l’umidità  nelle ossa.
Quei suoni algidi ci stavano proprio alla perfezione, nulla di naturale, insomma come il titolo.

Per chi non ha mai celato la propria anima shoegazer, come chi vi scrive, “Spooky” dei londonesi Lush non può che rappresentare una pietra miliare.
Col senno di poi sembra sempre tutto così facile: se prendi come producer niente po’ po’ di meno di Robin Guthrie, l’altra metà  dei Cocteau Twins, la band che ha lanciato il seme del movimento, scopri che la mela cade vicino all’albero.
Se poi unisci due talentuose ragazze con il giusto phisique du role come Miki Berenyi ed Emma Anderson con una bella rythm section ti avvicini alla meta.
Se infine l’etichetta è la 4AD, famosa per avere band di culto di una qualità  sopra alla media il gioco è fatto.

Ma se superiamo per un attimo i clichè e scaviamo sotto la stupenda copertina fatta dal solito Vaughan Oliver, grafico della 4AD la cui cover art ha raggiunto apici inarrivabili, troviamo un album dalla struttura sonica complessa: il talento compositivo di Emma Anderson, autrice principale, rivela una vocazione melodica ed armonica, a tratti ben più pop dei colleghi di genere quali Ride, My Bloody Valentine e Slowdive. La voce acuta ma evanescente di Miki Berenyi, cui Emma fa da backing, si concatena amabilmente nelle melodie della collega ed esalta l’armonicità  compositiva. A tratti tradisce una notevole somiglianza con Liz Frazer dei Cocteau Twins, per restare nella comfort zone del produttore.
Il sound, un po’ spostato verso gli alti, tradisce ancora una forte matrice 80’s, fatta di flanger e riverberi che tenderanno a scomparire nella decade dei 90. Ma crea un’onda d’urto sonica, che si muove e dimena, riempiendo tutti gli spazi.
L’opening “Stray” infatte ti travolge, quasi in maniera rude, fastidiosa. Ma ti cala nel mood che la successiva, ritmatissima “Nothing Natural”, suggella nella nostra mente, per finire in un noise compulsivo.
“Tiny Smiles” è invece una pop ballad con tutti i crismi del caso, che farà  forse storcere il naso ai puristi shoegazer.
Il disco scivola fino a “For Love”, forse il brano che è piaciuto ad un pubblico più vasto, avvicinando taluni al genere. Una ballata accelerata, con una semplice struttura verse-chorus-verse ricorrente, quasi da tormentone.
Poi un’esplosione di luce ed energia con “Superblast!” un bel uptempo, che si attorciglia su se stesso e cambia ritmo spesso.
Il disco poi si chiude con una struggente ballata, adagiata su una texture delicata di chitarre ed un ritmo appena accennato, come forse non sarebbe potuto terminare meglio.

A 3 decenni dalla pubblicazione di questo disco rimane, oltre al redivivo ricordo legato al periodo, quella sensazione che i Lush fossero stati all’epoca molto sottovalutati, forse per la loro inclinazione più pop, che gli fu per altro fatale: quella inutile rincorsa verso la hit single degli album successivi, volta a sbancare le classifiche, gli ha fatto perdere di vista l’unicità  della loro arte, perfettamente rappresentata in “Spooky”: l’armonia e lo spirito dello shoegaze: niente di naturale. Testa bassa e pedalare.

Pubblicazione: 27 gennaio 1992
Durata: 48:21
Tracce: 12
Etichetta: 4AD
Produttore: Robin Guthrie
Registrazione: Luglio-Ottobre 1991