Gli Spoon arrivano in doppia cifra, ben dieci infatti sono gli album della band capitanata da un Britt Daniel che sembra ringiovanire a vista d’occhio. Produce Mark Rankin (Adele, Queens of the Stone Age) collaborano Dave Fridmann e Justin Raisen in un disco che segna il ritorno in Texas del gruppo, che si è ritrovato in una stanza con una manciata di strumenti per dar vita a “Lucifer On The Sofa”.

“Held” apre i giochi con la voce di Rankin in attesa dell’attacco che puntualmente arriva ed è una piccola rivoluzione nel mondo degli Spoon. L’aura da playboy e i sintetizzatori di “Hot Thoughts” lasciano il posto a ritmi cadenzati, guidati dalla batteria di Jim Eno e dalla voce di un Daniel che entra con estrema facilità  nei panni del rocker del sud con tanta strada dietro le spalle. “The Hardest Cut” è un boogie indiavolato e arrabbiato dove sono le chitarre a farla da padrone, “The Devil & Mister Jones” gioca con backing vocals stile doo ““ wop che non mascherano l’anima R & B di un brano dove entrano di prepotenza i fiati mentre “Wild” è la b-side che i Rolling Stones non hanno mai registrato.

Qualche momento debole c’è inutile negarlo: “My Babe” convince poco pur essendo un buon esercizio di stile e si risolleva solo nel finale, “Feels Alright” non punge a dovere nonostante l’arrangiamento ben fatto, stesso discorso vale per “Satellite” salvata dal bell’assolo di chitarra. Le tastiere di Alex Fischel introducono la dinamica “On The Radio”, tre minuti godibili, ma il clou di “Lucifer” arriva poco dopo con una “Astral Jacket” notevole, cuore delicato e malinconico dell’album.

“Lucifer On The Sofa” è un omaggio alla storia di Austin e a quella del rock n roll classico che Britt Daniel e soci conoscono benissimo, capiscano o meno Eric Clapton. Il problema principale è la mancanza di originalità  che forse non era lecito attendersi ma non avrebbe certo guastato nell’economia di dieci brani divertenti, orecchiabili, a volte eleganti come la title track ma non eccezionali.

Credit foto: Oliver Halfin