Svolta interessante quella decisa da Rory Friers, Johnny Adger, Chris Wee e Niall Kennedy che in questo strano 2022 sfruttano tutto l’affiatamento e la chimica generata da anni di concerti per cesellare “Jettison” con impeto quasi morriconiano. La novità  più importante infatti è la presenza dell’Arco String Quartet di Connor O’Boyle che permette agli And So I Watch You From Afar di esplorare nuove strade mettendosi alla prova con arrangiamenti orchestrali da inserire nell’ottica del loro dinamico post rock.

Completano il quadro le collaborazioni con l’artista visuale Sam Wiehland, con Emma Ruth Rundle e Neil Fallon dei Clutch cui spetta il compito di recitare i testi scarni ma significativi presenti all’interno di questi trentotto minuti divisi in nove tracce ma solo pro forma e comodità  visto che andrebbero doverosamente ascoltati tutti d’un fiato, senza pause nè interruzioni per apprezzare al meglio le evoluzioni della band irlandese. Decisamente più introspettivi e meno esplosivi ma sempre coinvolgenti gli ASIWFA si adattano più che bene alla nuova veste che si sono imposti.

Il risultato è un disco intenso che regala momenti in netto crescendo soprattutto nel finale quando l’atmosfera diventa familiare e frizzante con chitarre trillanti, batteria incalzante, su cui gli archi s’innestano con fluidità  e rigore. L’amalgama in realtà  è buono fin dall’inizio con i toni malinconici di “Dive Pt1” e la cristallina “Dive Pt2” che ben si sposano con una grintosa e riflessiva parte centrale (“Lung”, “In Air” e “Hold” per essere precisi) ma sono inevitabilmente gli ultimi venti minuti (“Submerge” e “da “Emerge” in poi) la marcia in più di un nuovo album si ambizioso ma anche riuscito.