Tears For Fears = anni ’80, synthpop e cori da stadio.

Dimentichiamoci tutto per questo album che arriva dopo ben 17 anni dall’ultimo uscito nel 2004: “The Tipping Point”, in italiano il punto di svolta o punto di non ritorno, non è sicuramente ciò che i fan della band si aspettavano. Dimentichiamoci quindi “Everybody Wants To Rule The World” ed entriamo a fondo in quello che, per me, è un disco controverso.

Sono sempre dell’idea che una band, anziana o giovane che sia, debba sempre poter avere l’occasione di continuare a creare musica e a presentarla al mondo intero. Ci sono eccezioni che a volte mi fanno cambiare idea, ma in questo caso sono proprio in stallo: non so che pensare di una band che reputo essere immortale, ma solo per quelle canzoni che li hanno resi grandi.

L’album si apre con una traccia totalmente inaspettata: “No Small Thing” è quanto più di lontano potessimo aspettarci dal duo, molto vicino però a sonorità  folk alla Young o Dylan. Non è manco, a mio parere, un brano degno di apertura per un disco così atteso. Ma è solo un assaggio diverso, perchè già  dalla seconda canzone “The Tipping Point” si ritorna a dare un accenno al sound pop ed elettronico.

Questo sound che un po’ ci mancava ritorna di prepotenza con “My Demons” che associa alle chitarre elettriche e ad una batteria incisiva un synth old style. Stesso discorso per la bellissima “End Of Night” che, ancora di più della precedente citata, si fionda a capofitto nel passato perchè sì, i Tears For Fears possono cambiare via di genere ma non possono tradire la loro vecchia strada.

L’ultima traccia, invece, è quella che mischia quel genere del primo brano alle sonorità  delle altre di cui ho parlato: “Stay” è una ballad (ce ne sono altre all’interno del disco) che affianca ad un’acustica una base totalmente campionata. Certe volte il risultato può essere decente, qui purtroppo siamo ben lontani.

Menzione d’onore per “Long, Long, Long Time” che ho voluto tenere alla fine perchè forse è la canzone che mi ha sorpreso di più: inizia con una base alla tastiera e un riverbero forse più vicino ai BTS che a loro, ma poi con l’introduzione del pianoforte e della batteria elettrica si apre un brano che trovo magistrale: sarò sdolcinato io forse che mi immaginavo questa canzone mentre lasciavo le strade di NY per andare verso i soli della California con la mia decappottabile, ma ammetto che quando m’immagino proprio scene (sdolcinate, sì) cinematografiche allora vuol dire che quella canzone può avere effettivamente posto nella mia libreria virtuale. Accompagnati da una seconda voce femminile in background, la canzone va verso una sempre più imponente apertura o, forse meglio, un climax molto convincente.

Quindi, i Tears For Fears si sono ritrovati ad un punto di svolta? Di certo ho trovato apprezzabile questo ritorno di fiamma, si vede che si sono stancati di continuare a portare in tour solo i loro brani di successo e non qualcosa di nuovo e fresco. A mio parere l’esperimento è stato fatto e forse è meglio, a questo punto, mettersi la coscienza a posto e finirla qui: come punto di non ritorno non sarebbe male.