Nel 2022 i Voivod celebrano i quarant’anni di carriera. Un traguardo importante per una band che, senza esagerazioni, ha segnato la storia del progressive metal nella sua forma più heavy e thrashy, sopravvivendo tra l’altro a numerosi cambi di line-up e a un evento traumatico: la prematura scomparsa, nel 2005, del chitarrista e membro fondatore Denis “Piggy” D’Amour. Un colpo davvero terribile che il gruppo canadese ha però affrontato a testa alta, continuando a suonare dal vivo e a produrre musica di pregevole fattura.

Al figurone fatto quasi quattro anni fa con il notevolissimo “The Wake” – un concept album che, a mio modesto parere, include pure un paio di piccoli capolavori (“Always Moving” e “Sonic Mycelium”) ““ segue oggi “Synchro Anarchy”. Un’opera difficile e faticosa, scritta e registrata nel pieno della pandemia, ma a suo modo coesa, perchè nata dalla strettissima collaborazione tra i quattro componenti dei Voivod: il cantante Denis “Snake” Bèlanger, il batterista Michel “Away” Langevin (da sempre mente creativa del progetto, disegnatore tra l’altro di tutte le copertine degli LP), il chitarrista Daniel “Chewy” Mongrain e il bassista Dominique “Rocky” Laroche.

Dallo sforzo collettivo della band prende forma un disco sì complesso ““ ricco com’è di tutte le caratteristiche più cerebrali del progressive, dai cambi di tempo astrusi al frequente ricorso ad accordi inusuali ““ ma anche incredibilmente diretto, privo di quei fronzoli inutili che avrebbero rischiato di smorzare l’impatto di nove tracce a dir poco micidiali per quanto riguarda la resa sonora e tecnica.

I quarantotto minuti di “Synchro Anarchy”, d’altronde, nascono come risposta diretta ai tempi bui che stiamo attraversando: una reazione di pancia e di cuore all’incubo del contagio e, più in generale, dei vari orrori che ormai gravano su un mondo che sembra sbucare fuori da una puntata di “Black Mirror” particolarmente inquietante.

Le atmosfere dei pezzi sono cupe, pesanti e a tratti persino opprimenti. Eppure ““ e sembrerà  un controsenso, ne sono consapevole ““ non si avverte mai quel senso di angoscia tipico del metal più “tenebroso”. Il terrore è sempre e costantemente dietro l’angolo, ma i Voivod sanno come trattarlo. A volte provano a scacciarlo via, magari a suon di mitragliate thrash (“Sleeves Off”, “Quest For Nothing”) o di mine spaziali (“Holographic Thinking”); in altre occasioni, invece, ci si tuffano dentro, regalandoci scorci di un universo dominato da cattivissimi e sporchissimi alieni cresciuti a Pink Floyd, Black Sabbath e post-punk (“Paranormalium”, “Mind Clock”, “Memory Faliure” e la fantasmagorica title track).

Le melodie dal gusto “psichedelico” del cantante Snake infondono un leggero sapore lisergico a un album davvero molto convincente perchè capace di essere al tempo stesso raffinato e rozzo, in costante bilico tra la luce delle idee (il progressive nella sua forma più nobile) e il buio del disumano (il metal più profondo e istintivo). Ancora una volta, nonostante l’età , le teste dei Voivod sono proiettate verso l’avvenire: “Synchro Anarchy” è un avvincente viaggio intergalattico verso il futuro della migliore musica pesante.

Photo:  Grywnn,  CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons