Lombardi d’estrazione ma in realtà  cittadini del mondo, Chiara Amalia Bernardini (voce, basso) e Nicola Mora (chitarre, piano elettrico, synth, campionatori) arrivano al secondo disco a nome KICK con il cuore intatto e la testa piena di piani ambiziosi. Prodotto insieme a Marco Fasolo (Jennifer Gentle, I Hate My Village) “Light Figures” non nasconde di voler puntare al di là  del territorio nazionale, con soluzioni ricercate e un sound in continua evoluzione.

Le melodie sporche e cristalline di “Rubberlover” punteggiate dal basso con Christian Bindelli degli a/lpaca alle secondi voci indagano con impertinenza e curiosità  il dualismo tra sottomissione e potere nel mondo BDSM spostando la bussola dei KICK verso territori più desert rock e ritmati, decisamente analogici e lontani dagli stimoli elettronici dell’esordio “Mothers” che comunque tornano a colorare alcuni momenti della sbarazzina “Sirens Never Sleeps”.

Brani graffianti lasciano il posto a ballate intense e delicate come “Eleven” che rivelano in controluce un gusto per armonie sempre attuali. Scott Reeder dei Kyuss è ospite d’onore nella cadenzata “Setting Tina” tutta giocata su cambi di ritmo e distorsione con la voce della Bernardini carica di effetti che si stemperano nel suono di “Sparks” che inizia strizzando l’occhio a cadenze più pop per poi inoltrarsi liberamente in quel sottobosco morbidamente psichedelico che concede sempre ampi spazi di manovra per chi sceglie di addentrarvisi senza paura.

“24-Hour Delivery Club” mette insieme frammenti stoner e melodie sognanti, aprendo la strada a uno dei brani più riusciti del lotto: il singolo “Viole” con un testo scritto e cantato in italiano che potrebbe veramente rappresentare un nuovo punto di partenza per il duo, qui supportato da Beppe Scardino (C’mon Tigre, Calibro 35) ai fiati. Sperimentale “Benvegnuda” con le chitarre trascinanti, il buon tiro percussivo opera del batterista Giovanni Caniato, parole in più lingue quasi a cercare di far combaciare le mille anime di Bernardini e Mora.

Molto riuscita anche “Atlantide” che chiude in bellezza questa mezz’ora di musica, con le sue misteriose atmosfere orientaleggianti che cullano e ipnotizzano in tre minuti di piacevole abbandono. Il rumore dolce dei KICK non concede nulla alle mode o a semplici evoluzioni sonore, il percorso dei nostri è più tortuoso e affascinante in bilico tra stoner e desert rock con punte shoegaze e molto altro ancora. Nessun limite nè confine in vista per una band che sta raggiungendo in fretta il suo pieno potenziale.

Credit foto: Sami Oliver Nakari