Non è rimasto molto della scena indipendente che tra fine anni novanta e i primi dieci del millennio suonava, pensava, si esibiva legata da un sentire comune. I Cosmetic quel mondo l’hanno vissuto sulla propria pelle compresi tre dischi per La Tempesta (“Non siamo di qui”, “Conquiste”, “Nomoretato”) tra il 2009 e il 2014 prima di trasferirsi in casa To Lose la Track senza mai perdere un certo gusto per l’ironia, inventando anche un termine (“Plastergaze” titolo del loro penultimo album).

“Paura Di Piacere” segna una piccola svolta nella loro discografia, un passo deciso e forse definitivo verso suoni dritti e puliti, con le chitarre che si fanno più rotonde fin dalle prime note di “Aquila”. Bart, Straccia, Carl si avvalgono ancora una volta del contributo di Alice / Alien alla voce, predominante in una “Laccio d’amor” divertente e sbarazzina, in quota riot grrrl. Il rumore, la rabbia, la furia sono per il resto ridotti al minimo con l’eccezione della sarcastica “Colpo di Teatro”.

I featuring (Regata, Adessso, Vrcvs) spingono la scrittura dei Cosmetic in territori inediti, dove il sintetizzatore assume toni morbidi senza graffiare. Decisione più che legittima ma non troppo adatta a una band che è stata capace in passato di tenere in equilibrio rock alternativo e tentazioni pop con la psichedelia sempre in agguato. Un impeto qui tenuto sotto controllo, addomesticato, che emerge solo in alcune parti di “Riopetra”, nelle staffilate di “Zucca” e “TTTT” mentre “Anni 90” punta sulla nostalgia tout court.

Difficile pensare che dopo vent’anni di palchi, oltre 350 concerti e una formazione in evoluzione continua i Cosmetic abbiano davvero “Paura Di Piacere”. Arrivati al settimo album di timori ne rimangono pochi, c’è semmai la voglia di mettersi alla prova con brani decisamente più melodici, liberamente accessibili in linea con il percorso iniziato nel 2019 da “Scranio”, “Un Litigio” e “Orizzonte” cercando il favore di un pubblico nuovo, più giovane rispetto ai fan storici che rimarranno comunque legati al passato come forse è giusto che sia.