Strana coppia ma non troppo quella formata da James Graham dei Twilight Sad e Aidan Moffatt degli Arab Strap che, dopo diversi singoli e molte curiose dichiarazioni, escono allo scoperto con tredici brani realizzati a quattro mani raccolti nel primo album a nome Gentle Sinners uscito per la fida Rock Action. Scopo dell’operazione: trovare nuove combinazioni musicali, che nessuno dei due aveva sperimentato prima. Graham è stato a lungo l’unico titolare del progetto, con Moffatt abilmente nascosto nell’ombra per i primi due singoli fino all’annuncio ufficiale.

Titolo minaccioso “These Actions Cannot Be Undone”: una sorta di memento mori che ben rappresenta l’atmosfera di un disco che lavora ai fianchi, non troppo vicino allo stile dei Twilight Sad e nemmeno alle tenaci malinconie degli Arab Strap, atmosfere comunque presenti in “Landfill” e “Shores of Anhedonia”. C’è la quintessenza dell’essere scozzesi nella musica di questi due, quell’accento sintomo di forza bellicosa e coriacea che pervade “Waiting For Nothing”, uno dei pezzi più riusciti col suo ritmo pulsante e barocco, le armonie vocali ben costruite.

“Killing This Time” è un’ansiogena cavalcata a suon di sintetizzatore che ha lo spirito dei Talking Heads, persino più marziale e incalzante è “Let Them Rot” ma non mancano le melodie nel primo disco dei Gentle Sinners, spesso oblique e mai scontate come quelle che popolano l’intensa “Date & Sign” con un pianoforte che spunta, una chitarra che s’insinua, lo schiocco ripetuto delle dita intervallato da scoppi di puro rumore. “Face to Fire (After Nyman)” con l’assolo ispirato agli AC/DC e il minimalismo del compositore Michael Nyman nel DNA diventa presto una base di partenza non convenzionale per parlare di salute mentale. Combinazione incredibile, ma funziona.

L’equilibrio trovato da Graham e Moffatt è dunque più che buono e si tolgono sufficienti soddisfazioni da rendere interessante e coinvolgente l’ascolto fino alle ultime note della alla spigolosa e felpata “Don’t Say Goodnight”. Esplosività  rock, dinamismo elettronico, le paure dell’uno e le ansie dell’altro sfogate a corrente alternata. Trentanove minuti dal sound complesso che non mettono esattamente a disagio, come questi novelli peccatori gentili speravano, ma sorprendono lasciando a volte interdetti (e il pensiero corre alla pur dinamica “The Cries” o alla minimale “Rent Free” che non convincono completamente) senza mai deludere davvero.

Credit foto: Gentle Sinners