Giovedì sera di metà  maggio: le temperature si fanno già  gradevoli e la giornata non si puo’ chiudere meglio che con il concerto dei Low al Teatro Duse di Bologna, loro unica data italiana, andata sold-out proprio oggi.

Ieri la band di Duluth, Minnesota ha suonato a Vienna e stamattina, una volta pronta per partire verso l’Emilia-Romagna, il loro van ha avuto problemi tecnici e Alan, Mimi e la loro nuova bassista Liz Draper hanno dovuto faticare non poco per trovarne un altro e raggiungere la loro nuova destinazione in tempo.

Avendo letto che, in questo tour europeo, il loro set dura mediamente un’ora e quarantacinque minuti, come accadrà  anche stasera, rimaniamo stupiti che gli statunitensi salgano sul palco della venue emiliana solamente alle dieci e cinque: è subito Sparhawk, ancora prima di iniziare a suonare una singola nota, che spiega al pubblico ciò che è accaduto, raccontando che erano arrivati da poco più di un’ora e ringraziando il teatro e tutto il suo staff per averli aiutati a suonare nonostante il pesante ritardo sulla loro tabella di marcia.

A settembre dello scorso anno, via Sub Pop Records, i Low hanno pubblicato il loro tredicesimo LP, “Hey What“, che ha ricevuto tantissimi consensi sia dalla critica che dai fan ed è stato anche l’album dell’anno per la redazione di Indieforbunnies: la curiosità  di riascoltare quelle canzoni anche dal vivo è ovviamente tanta e il gruppo del Minnesota stasera farà  incetta dei pezzi del disco più recente, suonandone ben nove su dieci.

Ed è proprio “White Horses”, così come accade sull’album, ad aprire la serata: è Alan con la sua chitarra a creare suoni rumorosi che mettono una certa soggezione o forse quasi paura, ma quando entrano la sua voce piena di passione e le armonie che crea insieme alla moglie, siamo decisamente più confortati, prima che il pezzo si chiuda ancora con altro noise cupo.

I Low fanno di nuovo uso di elementi elettronici anche nella succesiva e malinconica “I Can Wait”, ma ““ parlando ancora una volta di armonie ““ il calore che sanno emettere è davvero qualcosa di eccezionale, a cui si aggiunge anche una grande dose di purezza.

Poco dopo “Disappearing” sa dimostrarci come, in mezzo al rumore ““ a cui si aggiungono anche i potenti colpi della batteria di Mimi ““ si possano nascondere sensazioni emotive davvero incredibili e molto difficili da descrivere.

“Days Like These”, introdotta dalle due voci di Sparhawk e della Parker, è inizialmente pulitissima, ma sono poi numerose inserzioni noise a cambiarla d’aspetto a livello sonoro, mentre l’emotività  rimane la sua carta vincente, facendo guadagnare al gruppo di Duluth larghi consensi da parte dei fan emiliani che applaudono a lungo alla fine del pezzo.

La prima parte del loro live-show, quella dedicata esclusivamente a “Hey What”, si chiude con “The Price You Pay (It Must Be Wearing Off)”: dopo un inizio ricco di armonie, la canzone cresce e diventa esaltante con lunghe jam rumorose e piene di intensità .

Iniziano poi le canzoni più vecchie e subito ci colpisce “Congregation” – da “One And Sixes” (2015) ““ in cui è l’angelica voce di Mimi a creare sensazioni sovrannaturali, mentre le sue percussioni fitte e saltellanti aggiungono un tocco particolare a questo pezzo quasi solenne.

“Sunflower” ci riporta indietro di una ventina d’anni e ci regala magia pura e delicate armonie, che scatenano ricordi speciali e toccanti; i brividi si ripetono poco dopo con “Plastic Cup”, in cui la voce di Mimi aggiunge un tocco unico a quella del marito e la poetica delicatezza che sanno creare è qualcosa che solo chi era presente in teatro stasera puo’ conservare nel proprio cuore.

Il mainset si chiude con “When I Go Deaf”: se inizialmente è gentile e dall’aspetto folk, la canzone in seguito si trasforma con delle distorsioni rumorose e potenti.

C’è ancora tempo per un breve encore che si chiude con un altro brano molto vecchio, “Canada”, che ci delizia e ci sorprende con la sua energia punk-rock e i suoi vocals estramente dolci.

E’ ormai passata la mezzanotte quando usciamo dal Teatro Duse, ma la soddisfazione che possiamo leggere sui volti dei numerosi presenti oggi è qualcosa che è destinata a rimanere a lungo: i Low hanno dimostrato ancora una volta di essere grandi artisti e che, nonostante con gli album più recenti abbiano cambiato la loro pelle sonora, sanno sempre regalare emozioni indescrivibili attraverso la loro meravigliosa musica.

Photo Credit: Dirk Haun, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons