Dopo la prima giornata del Mad Cool Fest (di cui potete leggere il resoconto qui) siamo tornati stanchi, sì ““ ma sicuramente non eravamo pronti alla seconda giornata, piena di danze scatenate che sono andate avanti fino alle tre di mattina. Ovviamente siamo più carichi che mai per le prossime giornate, perchè la musica tra le altre cose ha anche questo potere: rigenerare e dare vitalità  a chiunque. Anche e soprattutto a chi per vedere un concerto si fa un viaggio che non avrebbe mai immaginato di fare.

Ad aprire le danze in questa seconda giornata ci pensano i Mother Mother dal Canada, band di Vancouver attiva dal 2005 ma che è riuscita a entrare nei cuori delle persone solo negli ultimi due anni, grazie alla riscoperta da parte dell’internet della loro hit “Hayloft”. Da un lato è ottimo che siano riusciti a ottenere il successo che meritano, dall’altro è un peccato che sia accaduto dopo così tanto tempo ““ ma infondo meglio tardi che mai, vero Kate Bush? In ogni caso, la loro musica non va decisamente ridotta a semplice fenomeno esploso grazie a TikTok: in questi quasi vent’anni di carriera i Mother Mother hanno costruito un percorso di tutto rispetto, e sul palco del Mad Cool l’hanno decisamente mostrato.

è la volte dei La Femme sul palco principale del festival. Devo dire, c’è qualcosa di estremamente affascinante nei gruppi francesi che si ispirano alle atmosfere retrò, che si muovono tra funky e psichedelia in una maniera sublime (vedasi L’Imperatrice). Nonostante siano stati invitati all’ultimo (inizialmente la line up prevedeva Tom Misch), la band si è conquistata l’amore del pubblico in un secondo, che non ha smesso di ballare un attimo nonostante il sole cocente. Questo è davvero amore.

Altrettanto amore abbiamo dato e ricevuto da Alyona Savranenko, meglio conosciuta come alyona alyona. Classe 1991, la nuova stella del rap ucraino ha fatto scatenare la folla da subito, dopo una breve riflessione sull’importanza dell’educazione musicale dei bambini: secondo l’artista, i bambini devono poter assistere ai concerti e conoscere l’importanza culturale e politica delle canzoni che ascoltano. Soprattutto in un periodo delicato e critico come quello che stiamo vivendo.

Dopo una rapida occhiata alla splendida beabadoobee (a cui è stato assegnato un tendone troppo poco capiente per l’immenso pubblico che l’attendeva, a nostro parere) e al suo alt-rock che fa sempre piacere sentire, tocca ai London Grammar. Il loro è stato un modo perfetto per dare inizio alla serata vera e propria, non c’è che dire: il nuovo album “Californian Soil” (di cui vi avevamo già  parlato qui) è stato presentato alla grande, con una versione estesa di “Lose Your Head”, “Californian Soil” come apripista, la hit “How Does It Feel” e tante altre. Non manca ovviamente la più che acclamata “Strong” ““ a cui ormai siamo decisamente affezionati, anche dopo quasi dieci anni.

A questo punto ci destreggiamo tra i Viva Belgrado e i Deftones: i primi hanno dato una scarica di adrenalina pura grazie a tanto post-hardcore potente, con un pizzico di screamo che non guasta mai ““ e che finora effettivamente in questo festival ci era mancato. Un ottimo modo per rimanere carichi, svegli e pronti a godersi i live fino alla fine della serata.

I Deftones sono stati altrettanto pieni di energia, con una setlist che non poteva non contenere “Sextape” e “My Own Summer (Shove It)”. Accompagnati da Butler dei Fever 333, hanno dato al festival un che di magico, per poi spezzarci un po’ il cuore con una notizia che non avremmo voluto sentire (ma ben comprensibile): con la sua tipica ironia il frontman Chino Moreno annuncia infatti che questa è stata l’ultima tappa del tour, dal quale ha bisogno di prendere una pausa. Non che non abbia intenzione di fare ritorno, anzi: dobbiamo solo pazientare e augurarci che i ragazzi si godano un po’ di meritato riposo. Dopotutto, dopo aver assistito a un concerto di tale portata, curato nei minimi dettagli, a cui letteralmente metà  line up del festival ha voluto assistere (la sopracitata beabadoobee inclusa), non potremmo essere più soddisfatti.

Partono gli Imagine Dragons, e qui dobbiamo davvero dirlo: Dan Reynolds non è solo bravo, non è solo capace di fare cantare a squarciagola decine di migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo, ma è anche un pezzo di pane. Tra una canzone e l’altra, infatti, si è fermato più volte ad assicurarsi che alcuni fan sul punto di svenire venissero aiutati, non continuando finchè non fossero arrivati i soccorsi; ha condiviso poi una riflessione su quanto ami il suo lavoro, la musica, su quanto spera che quest’ultima possa essere un modo per portare pace e celebrare l’essere vivi. Come ha detto Reynolds stesso, è stato un po’ come una grande festa tra vecchi amici.

Altra festa è stata il concerto di Sigrid, che ci ha fatto ballare come matti sulle note di “Mirror” e “Strangers”. “How To Let Go” e “Sucker Punch” sono album palesemente perfetti per i live, e ieri sera l’abbiamo visto benissimo. Una stella del pop che sta brillando sempre di più, e noi amiamo vederlo (ma soprattutto sentirlo).

Ah, i Killers. Uno dei live migliori a cui potessimo assistere in queste giornate, onestamente. Dopo la pausa sono tornati alla ribalta in modo più eclatante che mai, ripercorrendo hit storiche come “Somebody Told Me”, la più recente (ma ugualmente iconica) “The Man” e”… Nuovi brani, a dirla tutta. Ebbene sì, proprio sul palco del Mad Cool ha debuttato il loro nuovo singolo “Boy”, originariamente concepito per l’album “Pressure Machine” (2021). Non è chiaro quando uscirà  precisamente il loro prossimo album, su cui stanno lavorando, ma si ipotizza che avremo modo di sentirlo l’anno prossimo. Dopo averci fatto ascoltare “Boy” in esclusiva, Flowers chiede emozionato a una folla ormai in visibilio totale “Sì o no?”. Sì, Brandon. Tutta questa serata è stata un grandissimo sì.

Un altro grande, enorme sì va a miss Annie Clark, più conosciuta con lo pseudonimo di St Vincent. Per quanto ci siano piaciuti gli altri spettacoli, forse questo è davvero il nostro preferito di tutta la serata: scenografia con colori sgargianti, un coro che tra canti e balli accompagnava in maniera divina la performance principale, una St Vincent così spettacolare che riusciva a mettere chiunque in ginocchio con ogni singola nota. Forse il concerto più sensuale, potente, eversivo e audiovisivamente soddisfacente a cui io abbia mai assistito. Sono stregata.

Passiamo ai Foals, un po’ meno spinti ma ugualmente degni di nota: il loro concerto è stato un ottimo modo per celebrare la giornata passata a suon di balli e poghi. Molti i brani da “Life Is Yours” come “2am” e “Wake Me Up”, a cui si alternano le immancabili “My Number” e “Spanish Sahara” (durante la quale ovviamente è partito un coro squarciagola misto a diversi pianti).

Ci dirigiamo verso l’uscita, ma prima di andare facciamo un salto da Tove Lo: giusto in tempo per assistere a lei che mette in bella vista il fondoschiena mentre balla su “disco tits”. Potevamo chiedere di meglio per chiudere la serata? Assolutamente no.