Prima c’erano solamente il silenzio ed il rumore. Poi arrivarono i Sonic Youth, zeitgeist no-wave, capace di trovare la sintesi tra gli anni Ottanta e Novanta, il suono delle origini e quello delle avanguardie, il bisogno di sentirsi felici ed appagati e le ombre psicopatiche che vivono nel nostro inconscio e che, in fondo, sono parte di noi, testimonianza di fatti, esperienze ed eventi che, altrimenti, sarebbero destinati all’oblio, ma che, invece, constribuiscono a modellare la nostra essenza più reale, sincera e veritiera.

Intanto, mentre i testi sembrano richiudersi, cripticamente, su sè stessi, le chitarre, anche nelle loro accordature più estranianti e sperimentali, diventano il punto nevralgico del messaggio della band americana. Prosa sonora che conduce Moore, Ranaldo, Gordon e Shelley verso le inquietanti narrazioni fantascientifiche di Philip K. Dick, verso visioni future che tentano di metterci in guardia contro le ammalianti, convincenti e perfide svastiche, che, ben presto, con la globalizzazione, avrebbero tentato, in tutti i modi leciti ed illeciti, di oscurare i nostri soli, le nostre passioni, le nostre scelte, i nostri stessi sogni.

Allo stesso tempo, però, i Sonic Youth sono perfettamente in linea con il proprio presente, in contatto osmotico con il nascente movimento grunge, consapevoli delle forze oscure che tentano di avvelenare la realtà , costruendo quel mondo virtuale e mediatico di cartapesta nel quale sarebbe stato impossibile distinguere verità  e menzogne, vivi e morti, umani e androidi, obbligandoci a sopravvivere in comode e tecnologiche prigioni di depressione che non avrebbero fatto altro che amplificare le nostre più assurde, rabbiose e violente paranoie.

I Sonic Youth, sempre fedeli solamente a sè stessi ed al proprio credo noise, vivono gli ultimi dilemmi del Novecento, la fine di tutte le ideologie, oltrepassano i tentativi di generalizzazione e massificante omologazione messi in atto dal nuovo Millennio, oppongono le proprie esperienze personali al dilagante populismo che, sempre più, lobotomizza le menti e desertifica i cuori, consapevoli del fatto che la salvezza è nell’abbracco di individualità  ed emotività  diverse, senza alcuna necessità  di tracciare confini, di costruire muri o barriere e di dover rientrare, a tutti i costi, in una definizione più o meno rock, più o meno mainstream, più o meno radiofonica, più o meno alternativa, della propria arte.

“Dirty” da voce ai tanti mondi sotterranei delle nostre città , ma, contemporaneamente, è in sintonia con quella quotidianità  fatta di scuola e di lavoro, di rapporti affettivi, amicali e familiari, di incontri e di partenze. Giornate apparentemente banali, che, invece, contengono il seme di eventi tragici e di violenza gratuita, eventi che ci fanno comprendere quanto la nostra normalità  possa essere brutale, terrorizzante, predatoria e mossa da istinti puramente omicidi.

Il disco è un esplosivo punto d’incontro tra il noise-rock primordiale della band e le intemperanze e le distorsioni chitarristiche dei primi anni Novanta, di matrice grunge, proponendo agli ascoltatori una strutturazione semplice e diretta dei brani, tipica del punk più commerciale, con la chiara volontà  di dare a questo percorso sonoro, così tumultuoso ed eterogeneo, un significato politico e sociale omogeneo, in grado di giungere ad un numero più ampio possibile di persone.

Ed è così che Dirty da consistenza musicale ai fantasmi del governo Bush, ai vecchi e nuovi fascismi, subdolamente ricomparsi, dietro più giovani ed affascinanti maschere governative e democratiche; distorsioni, feedback, passaggi allucinanti, ronzii ipnotici, trame grezze e sinistre, momenti psichedelici e claustrofobici, hanno l’obiettivo di risvegliare i sensi addormentati, di prepararci a quello che sarà  un attacco spietato contro tutti i diritti per i quali hanno combattuto e sofferto le generazioni passate. E come le generazioni passate, anche la nostra, richiamata da “JC”, la commovente preghiera laica di Kim Gordon, è chiamata a resistere e fare fronte comune. Ne sarà  capace? La nostra recente storia ci ha mostrato, purtroppo, che parte di quelle conquiste civili sono andate perdute, altre sono state messe in discussione e nuove forme di fascismo – pandemico, atlantico, mediatico, politicamente corretto, etc. – tentano di imporre la propria autorità . Ecco perchè Dirty è ancora necessario, è ancora vivo, è ancora attuale.

Pubblicazione: 21 luglio 1992
Durata: 58:45
Dischi: 1
Tracce: 15
Genere: Noise Rock, No-Wave, Alternative Rock
Etichetta: DGC/Geffen
Produttore: Butch Vig
Registrazione: 1992

Tracklist:
1. 100%
2. Swimsuit Issue
3. Theresa’s Sound-World”
4. Drunken Butterfly
5. Shoot
6. Wish Fulfillment
7. Sugar Kane
8. Orange Rolls, Angel’s Spit
9. Youth Against Fascism
10. Nic Fi
11. On the Strip
12. Chapel Hill
13. JC
14. Purr
15. Crème Brà»lèe