“Want” è il titolo del primo album degli australiani Johnny Hunter. La band di Sidney aveva già  scoperto le proprie carte con un paio di EP. Il primo, “Early Trauma”, risale al 2020, mentre “Endless Days” è di questa primavera e include quattro dei brani che ritroviamo nell’album appena uscito.

Ascoltando il primo LP   si evidenzia  la difficile collocazione di genere musicale della band. Il loro suono cambia da sporco e heavy a poetico, da ribelle e disordinato a pulito e speranzoso con brani che sono veri e propri inni da stadio.

Nick Hutt è senza dubbio il leader della band, possiede una indiscutibile personalità , una voce baritonale estremamente pulita, decisamente intonata e capace di trasmettere la drammaticità  dei testi. Non è quindi un caso che Hutt nomina gli Smiths, David Bowie e i Joy Division come ispirazione.
Una scelta musicale che dalla terra dei canguri, dove i Tame Impala imperano, alla perfida Albione, passando dai divi post punk attuali (versante Idles, Fontaines, Shame) indietro, fino a quel periodo, gli anni ’80 dove le guitar bands se la vedevano con l’ascesa di quelle che usavano l’elettronica, dai Depeche Mode ai Simple Minds.

E’ in questo contesto che i Johnny Hunter si muovono perfettamente a loro agio.
Avevamo già  scoperto “Cry like a Man”, apice melodico e melodrammatico del disco,   “Endless Days” un ballabilissimo rock gotico che ci trascina nell’ hardrock travestito da dark-punk di “The Floor” e “Life”, solare con synth in evidenza e graziose melodie.

I nuovi brani mantengono alto il livello portando variazioni di ritmo. La opener “Want” si esalta con il suo incedere scoppiettante mentre la  chitarra la fa da padrona nella romantica “Dreams” che introduce a sua volta la lenta “Fracture”, dall’elegante atmosfera a cui manca solo un bel sax alla Spandau Ballet. “Take Off” ci mostra una band che ama anche svariare in atmosfere più tipicamente rock classicheggiante mentre la drammatica “Clover” chiude l’album in maniera solenne.

Photo Credit: Tom Wilkinson