Con i dodici brani di “Viva Las Vengeance” ““ che, a vostro piacimento, possiamo considerare come il settimo album in totale dei Panic! At The Disco o il terzo da quando la band si è trasformata in progetto solista del tuttofare Brendon Urie ““ ci allontaniamo in maniera vistosa dal pop sovraprodotto, patinato e lambiccato delle uscite più recenti per esplorare a 360 gradi la musica che ha fatto da colonna sonora all’adolescenza del polistrumentista statunitense.

Un disco finalmente onesto, privo di artifici, suoni sintetici e fronzoli melodici, che il buon Urie ha scritto e registrato come si faceva negli anni ’70, quando in radio spadroneggiavano il glam rock e il power pop. Ovvero i generi che sono alla base di questo nuovo lavoro targato Panic! At The Disco, un minestrone ben cucinato di citazioni e scopiazzature in cui una miriade di ingredienti sonori differenti ““ tutti dalle chiare sfumature vintage – vengono triturati, mischiati e impiattati in modo tale da non spiazzare l’ascoltatore medio moderno.

Nelle canzoni, tutte estremamente orecchiabili, troviamo come di consueto il classico gusto per il barocco dell’uomo che si nasconde dietro il moniker Panic! At The Disco. Anche in un contesto più classico ed essenzialmente pop rock qual è quello di “Viva Las Vengeance”, Brendon Urie appesantisce tutto con strati su strati di cori in multitraccia, arrangiamenti magniloquenti e sfarzosi inserti di pianoforte, archi e fiati.

Tutti stratagemmi utili a mettere in secondo piano la mancanza di sostanza e personalità  di un album che, per quanto gradevole in più di qualche passaggio, si limita a riproporci variazioni sul tema dei Queen del periodo “A Night At The Opera”/”A Day At The Races”, con richiami sparsi all’arena rock d’antan, ai Mott The Hoople, a Elvis Costello e a Roy Orbison.

Senza dimenticarsi di menzionare i più che evidenti inchini ai Thin Lizzy (su una “Star Spangled Banger” che si chiude con le stesse identiche note di “Let It Be” dei Beatles), ai T. Rex (citati esplicitamente nel testo di “Middle Of A Breakup”) e persino agli Sweet, omaggiati in una “Sugar Soaker” che ricorda da vicino la loro “Little Willy”.

Solo la spensieratezza, la solarità  e quel leggerissimo alone emo/pop punk che ancora contraddistinguono la musica dei Panic! At The Disco ci fanno dire che sì, anche un lavoro privo di spina dorsale ma divertente come “Viva Las Vengeance” vale più di qualche ascolto. Ma non fatevi alcuna aspettativa. E se vi piace questo genere di musica recuperatevi i Jellyfish di “Spilt Milk”, che queste cose le facevano molto meglio trent’anni fa.