Stasera ci troviamo a Manchester e più precisamente al Factory (sì proprio quello storico posto): il sacro luogo ovviamente è cambiato tanto e ora ha un volto completamente diverso (dopo il nostro concerto ci sarà  un pizza party per studenti universitari), ma la solennità  di essere circondati da quelle pareti comunque lascia ancora una grande suggestione, almeno per chi scrive.

A suonare stasera ci saranno due tra le migliori songwriter degli ultimi anni, Laura Stevenson e Katie Malco.

Nonostante sia in giro da oltre un decennio, la musicista scozzese di stanza a Northampton ha pubblicato il suo debutto full-length, “Failures”, solamente a giugno 2020 e ovviamente a causa della pandemia non ha ancora avuto molte occasioni per portarlo in giro.

Per questo tour insieme alla statunitense, Katie è accompagnata solamente dalla sua chitarra (a novembre poi seguirà  un tour del Regno Unito full band): sebbene all’estero i concerti inizino abitualmente piuttosto presto, oggi gli orari sono ancora più rigidi e la scozzese è già  sul palco pochi attimi prima delle sette e mezza, perchè il locale vuole iniziare il suo party già  a partire dalle dieci.

Il concerto si apre con “Fractures”: sebbene nella pur piccola e fredda sala del FAC251 ci siano solo alcune decine di persone, la Malcomson (questo il suo vero cognome) riesce a riscaldare l’atmosfera sin da subito con le emozioni pure e sincere descritte dalla sua voce accompagnata solamente dalla sua chitarra acustica, riuscendo senza fatica a cambiare toni a seconda dell’intensità  dei sentimenti che sta cercando di esprimere.

In “Animal”, invece, si sentono maggiori influenze indie-rock con la sua sei corde che inizia a diventare più potente, ma non mancano ancora le variazioni che portano a momenti più riflessivi , caratterizzati da arpeggi decisamente più delicati.

La chiusura invece è lasciata a “Brooklyn” che, come è successo durante le precedenti date di questo tour, vede la presenza di Laura Stevenson: se già  la canzone nella sua versione originale mostrava una certa fragilità  e dolcezza, questa sera le due voci, che armonizzano perfettamente, non fanno altro che elevarne lo stato emotivo.

Appena trentacinque minuti a disposizione per la simpatica musicista scozzese che ci danno comunque il tempo per scoprire le sue potenzialità  e il suo talento oltre a farci godere della bellezza delle sue canzoni ricche di sentimenti.

Il primo album della Stevenson, “A Record”, è invece datato 2008 e di seguito ne sono arrivati altri cinque, l’ultimo dei quali è l’omonimo LP uscito ad agosto dello scorso anno via Don Giovanni Records e prodotto da John Agnello.

La musicista dello stato di New York ha potuto portare in giro negli Stati Uniti la sua fatica più recente già  dallo scorso autunno, ma torna finalmente anche in Europa dopo numerosi rinvii causati dalla pandemia.

Anche lei si presenta in versione solo in questo tour del Regno Unito, ma siamo comunque curiosi di ascoltare la sua performance: sono appena le otto e un quarto quando la songwriter di stanza a Long Island sale sul palco della venue mancuniana, aprendo con “State”, opening-track anche del suo LP più recente. La statunitense riesce a unire passione e intensità  indie-rock, cambiando spesso l’umore all’interno della canzone: sebbene la potenza del ritornello sia diversa dalla versione che troviamo sul disco, l’esplosività  della sua chitarra elettrica non manca e nemmeno la forza delle sue ottime melodie.
Subito dopo le tonalità  diventano differenti con “Perfect”, estratta invece da “The Big Freeze” (2019): la voce di Laura diventa molto riflessiva, mentre passa su delicati territori folk pieni di sentimenti dipinti attraverso leggeri arpeggi dalla grande gentilezza.

Il momento di tranquillità  continua poco dopo con “A Shine To It”, brano che proviene dal suo esordio, “A Record”: toccante e malinconica, la canzone è graziata da belle armonie nella sua parte finale.

In seguito “The Move” – da “Wheel” (2013) ““ non solo sa regalare emozioni vere, ma risulta pulita e dolce, aggiungendo elementi pop a quelli folk su cui si basa, mentre la voce della Stevenson rimane sempre al centro della scena.

La successiva “Maker Of Things”, nonostante la sua atmosfera malinconica, è piena di passione sottolineata dagli splendidi e gentili arpeggi di Laura, mentre la mancanza degli archi presenti sulla sua versione originale è riempita da armonie piene di calore.

I sentimenti sono presenti anche in “Wretch”, che passa senza problemi da momenti di calma totale ad altri più eccitanti e dalla influenze indie-rock, in cui la songwriter mette in luce le sue doti con la sei corde.

Le schitarrate non mancano nemmeno nella conclusiva “The Wheel”, malinconica, ma pura e sincera, con la sempre meravigliosa voce della Stevenson che sa adattarsi alle situazioni, cambiando spesso di tono.

Un’ora abbondante in cui la statunitense ha portato a Manchester l’emotività  della sua musica folk-rock, riuscendo a riscaldare grazie alla sua sensibilità  i cuori dei fan inglesi in questa serata di fine estate già  piuttosto fredda.

Photo Credit: Melanie Levi (CC BY-NC-ND 2.0)