Rispolverando una tradizione tipica dei migliori gruppi anni ’80 e ’90, quando i singoli erano ancora distribuiti su supporti fisici ed infarciti di B-sides – brani spesso validi tanto quanto i singoli stessi ““ gli Iceage ritornano a poco più di un anno di distanza dalla loro ultima fatica discografica (“Seek Shelter”) con una raccolta di pezzi rimasti tagliati fuori dagli album precedenti.

Il gruppo ci tiene a sottolineare che non è stata la qualità  dei brani ad averne decretato l’esclusione dalle scalette, ma solamente la loro disomogeneità  sonora rispetto al mood generale degli album, sottolineandone la loro natura da figli incompresi più che abbandonati.
Ed in effetti questa raccolta parte subito forte, con il brano d’apertura, “All the Junk on the Outskirts”, che già  dal titolo rappresenta una dichiarazione di intenti, e che mette in mostra l’anima più propriamente rock della band. Nel secondo brano, nonchè singolo che ha anticipato l’album, “Shake the Feeling”, non mancano dei gradevoli richiami alle origini noise del gruppo, con certe sonorità  vicine ai migliori Dinosaur Jr.

Non mancano alcuni brani divertissement (se così si può chiamare ad esempio un brano chiaramente inspirato al lockdown), che tra un boogie scalcinato (“Sociopath Boogie”) ed un blues scanzonato (“I’m Ready to Make a Baby”), sottolineano come i ragazzi danesi si siano parecchio divertiti durante le passare sedute di registrazione. Notevole anche la (quasi) strumentale “Namouche”, che apre le porte a nuovi territori quasi ambient, poco esplorati dal quintetto di Copenaghen.
Chiudono il pacchetto un paio di cover senza pretese (“My Mule” e “I’ll Keep it with Mine”), in cui Elias Bender Rønnenfelt si diverte a sperimentare nuovi approcci vocali, e sui quali la band dimostra ancora una volta una forte personalità  nel reinterpretare con successo pezzi normalmente non proprio nelle proprie corde, specialmente con l’ultima che richiama alcuni dei momenti più languidi e riusciti di “Plowing Into the Field of Love”. Si arriva così rapidamente alla fine dell’album, con una gran voglia di rimetterlo su da capo per un altro giro.

Credit Foto: Kim Thue