10. ALT-J
The Dream
[Infectious Music]
La nostra recensione

Il loro ultimo album,  “Relaxer“, aveva decisamente diviso i fan degli Alt-J, tra chi lo ha ritenuto una degna consacrazione della carriera della band e chi lo ha definito il peggior disco del trio: persino il gruppo non è mai sembrato troppo fiero di questo lavoro, affermando di averlo concluso in preda alla fretta e alla mancanza di idee. Qualsiasi sia la vostra opinione su  “Relaxer” possiamo dire che “The Dream” ha alzato le aspettative di tutte: è una serie di montagne russe, non sai mai cosa aspettarti dalle tracce che stai ascoltando e ti coinvolge senza neanche che tu te ne accorga. La punta di diamante? Decisamente “Chicago”.

9. NOVA TWINS
Supernova
[Marshall Records]

Funk e RnB che incontrano il metal: le Nova Twins sono tornate con un secondo album che conferma che non esiste solo il metal duro e puro, anzi: le innovazioni sono le benvenute, specie se a introdurle sono due giovanissime ragazze che uniscono oscurità  e glitter, Slipknot e Destiny’s Child. Non sono ancora spiccate particolarmente in Italia se non per aver aperto un concerto di Yungblud, ma non possiamo che tenerle d’occhio.

FKA twigs - Caprisongs8. FKA TWIGS
Caprisongs
[Atlantic Records]
La nostra recensione

Mixtape dell’anno? Decisamente il mixtape dell’anno. In  “Caprisongs” FKA Twigs  ha finalmente dato pieno sfogo alla sua creatività  artistica e a tutto quello che le passava per la testa negli ultimi mesi. Dite addio (o almeno un arrivederci. alla malinconia, la martire rappresentata in  “Magdalene”per quanto quest’ultimo disco sia un capolavoro, in  “Caprisongs” miss Twigs  ha sprigionato le sue ali, e ormai non si torna più indietro.

7. YARD ACT
The Overload
[Island Records]
La nostra recensione

Ed eccoci a uno degli album più attesi dell’anno: testi pungenti, atteggiamento sfacciato al punto giusto e tanto sano post-punk. La band di Leeds guidata da James Smith  è ironica, attacca con intelligenza i problemi dell’Inghilterra attuale (e non solo), e come debutto ha presentato un album accattivante e provocatorio, che ci ha fatto impazzire sia nella versione registrata in studio sia in live, durante il TOdays Festival. Una meraviglia.

6. FLORENCE + THE MACHINE  
Dance Fever
[Polydor Records]

La nostra recensione

Se c’è una cosa che si è capita di Florence Welch dall’inizio della sua carriera musicale, è che è indomata e indomabile, un vero e proprio spirito libero. Questa volta, questo spirito si è concesso a una danza sfrenata, come una partecipante dei rituali di Bacco, o come una strega in procinto di compiere incantesimi intorno al fuoco.  “Dance Fever” è un album che sia nell’estetica sia in alcuni pezzi strizza l’occhio a “Lungs”,  in un’ottica però più dark e potente: è l’invito a una danza che coinvolge artista e ascoltatore fino alla morte, a cui però non si riesce davvero a rifiutare.

5. KILO KISH
American Gurl
[Kisha Soundscape + Audio]

Un altro disco pop in classifica, perchè no? O meglio, possiamo tranquillamente definirlo elettropop. Dopo l’album  “Reflections in Real Time” del 2016, stavolta Kilo Kish  ci presenta un disco particolarmente vivace, divertente, che dietro canzoni allegre che si rifanno all’estetica del retro gaming nasconde innumerevoli messaggi di critica sociale – senza mai mettere troppa carne al fuoco. Possiamo dirlo: è ufficialmente nata una stella del pop.

4. LET’S EAT GRANDMA
Two Ribbons
[Transgressive Records]
La nostra recensione

Per quanto  “Two Ribbons” non sia il mio lavoro preferito del duo, mi piace ritenerlo il punto più forte e coerente del percorso delle Let’s Eat Grandma: due nastri, appunto, due fiocchi intrecciati tra di loro dopo tutto questo tempo, nonostante tutto ciò a cui sono dovute andare incontro.”Two Ribbons” osa meno nelle sonorità  rispetto a prima, ma presenta testi più onesti: testi che portano in musica puro dolore in tutti i suoi cinque stadi, con un barlume di speranza di sottofondo, la stessa speranza che tiene ancora insieme quei due nastri.

3. STROMAE
Multitude
[Mosaert]
La nostra recensione

Quando è stato annunciato il ritorno sulla scena musicale di  Stromae, quasi faticavamo a crederci: sono passati nove lunghi anni dall’ultimo disco,  “racinee carrèe”, ma possiamo tranquillamente dire che l’attesa ne è valsa la pena. L’artista belga ha dovuto prendersi il suo tempo per dare priorità  ai suoi problemi di salute fisica e mentale, e i risultati si vedono in maniera quasi trasparente in  “Multitude”: è un album consapevole, terribilmente onesto e compassionevole, che alle sonorità  dance quasi ipnotiche dei suoi vecchi lavori sostituisce un pop più sensibile e leggero, che unisce pop e gospel, afrobeat e non solo. Ottimo lavoro.

2. MITSKI
Laurel Hell
[Dead Oceans]
La nostra recensione

“Laurel Hell” (letteralmente “inferno di alloro”. è un termine che proviene da una zona nel sud degli Stati Uniti, dove i cespugli di alloro crescono e si estendono in boscaglie così fitte che chiunque vi entri non può più uscirne. I fiori di alloro, tuttavia, sono piccoli, delicati e terribilmente belli: morire tra fiori così belli è quasi un privilegio. Allo stesso modo, riconoscere e condividere la propria sofferenza attraverso il nuovo album di Mitski è quasi terapeutico. è un disco di rassicurante rassegnazione, che inizia con un attento passo nell’oscurità  in “Valentine, Texas” e termina con la caotica celebrazione della nostalgia della protagonista in “That’s Our Lamp”. Dopo cinque album Mitski continua davvero a stupire, non c’è che dire.

1. FONTAINES D.C.
Skinty Fia
[Partisan]
La nostra recensione

Una celebrazione della cultura irlandese, del sacrosanto legame tra uomo e natura e una preziosa testimonianza dei danni invisibili portati dalla gentrificazione – il tutto in una deliziosa salsa post-punk con influenze che spaziano dai  Nine Inch Nails  ai Cure. Potevamo chiedere di meglio, da una delle band più innovative e interessanti degli ultimi tempi? Assolutamente no. Cerchiamo di mantenere basse aspettative, ma visti i dischi che finora i  Fontaines D.C.  ci hanno offerto, è davvero difficile non farlo. Disco definitivo dell’anno.