What if I die with this song inside?

Così canta nel brano “Kandy” la nostra Fever Ray, alter-ego imprendibile di Karin Dreijer, metà del famigerato duo dei The Knife, sigla della quale era proprietario anche il fratello Olof, che qui produce le prime quattro tracce.

Credit: Nina Andersson

Una riflessione sulla caducità del tempo e l’amore, carnale e grottesco, furtivo e viscerale. Il tempo che minaccia le possibilità dell’amore ma lo rende anche più prezioso. Radicale, come nei Romantici evocati dal titolo dell’album. Nel senso di radicalmente importante, impossibile da ignorare, insostituibile, quindi radicato, fatalista, totale e totalizzante.

Il progetto Fever Ray aveva preso il volo tra le lande eteree di un altrove boreale dell’album di debutto, per poi atterrare nella dimensione dell’ora e dell’adesso del successivo, più urticante “Plunge“, raccolta di numeri synth-pop spesso orgogliosamente anti-sistema, proprio nel senso quasi politico del termine.
Qui l’anima…per l’appunto “romantica” di una Fever Ray non-binaria – talmente aliena e sfigurata da risultare più umana degli umani – incontra impellenze tribali, virgulti melodici travolti da scintille elettroniche, fiori synth-etici che diventano piante carnivore, pronte a divorare il cuore dell’ascoltatore in nome di un nuovo paradigma antropomorfo, oltre il sentimento, oltre la lussuria, oltre i sensi e il corpo. “Radical Romantics” offre la sua re-interpretazione di una fisiologia mutante, tramite un elettropop oscuramente vivace, sul quale si aggira sinuosa e nondimeno “mostruosa” la Dreijer, con quel modo involuto, diabolico, sensuale e sciamanico
insieme di interpretare flussi psichedelici tra forza e fragilità, incredibilmente a proprio agio sul ciglio di un baratro di gioia fisica e sconvolgimento intimo, che distruggono il vecchio ordine e riplasmano un nuovo mondo.

Il sigillo finale di “Bottom of the Ocean” richiama notturni abissi nordici, in realtà disvelando voragini scivolose del sé. Quello che insomma sembra un viaggio tra megattere iridescenti in un profondo blu oceanico, sembra più una sorta di orgasmica discesa tra l’inferno e il paradiso della riscoperta della propria più intima essenza.

Tra i collaboratori coinvolti in questo terzo lavoro a firma Fever Ray troviamo nomi eccellenti come Trent Reznor e Atticus Ross, Sebastian Gainsborough, Peder Mannerfelt, Pär Grindvik, NÍDIA e Johannes Berglund, tutti in grado di dare un tocco di ulteriore plasticità e ricercatezza alle conturbanti e disturbanti trovate della Dreijer.