Nell’autunno del 1982 David Bowie iniziò a lavorare alle canzoni di “Let’s Dance” con un obiettivo ben preciso in mente: realizzare un album in grado di scalare le classifiche di tutto il mondo con una manciata di hit dal fortissimo potenziale radiofonico. Il tempo delle ricercatezze era finito due anni prima, con quello “Scary Monsters (and Super Creeps)” che riuscì a unire con ottimi risultati le sperimentazioni del periodo berlinese a una formula leggermente più immediata, nella speranza di riconquistare quella larga fetta di pubblico che non aveva apprezzato troppo le stravaganze sonore concepite in compagnia di Brian Eno e Tony Visconti. Il deterioramento dei rapporti con la RCA e la ricerca di una nuova etichetta convinsero l’ex Duca Bianco a giocarsi la carta della svolta commerciale per non rischiare di finire nel dimenticatoio e lasciarsi travolgere da un’ondata di epigoni cresciuti ascoltando i suoi brani. Da qui la decisione di dare una brusca sterzata alla propria carriera: collaboratori storici quali Carlos Alomar, Dennis Davis e George Murray lasciarono il posto a una lista impressionante di espertissimi session men guidati dal Re Mida della disco music, il produttore Nile Rodgers.

A lui va il merito di aver reso “Let’s Dance” un best seller assicurato. L’apporto del chitarrista degli Chic nel processo di arrangiamento si rivelò preziosissimo, tanto da mettere in secondo piano un particolarmente poco ispirato Bowie. L’artista britannico si limitò a tracciare le linee guida del lavoro che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto diventare addirittura il capostipite di un genere assolutamente mai sentito prima: un crossover patinato tra dance pop e rhythm and blues d’annata, con la chitarra del compianto Stevie Ray Vaughan ““ qui in una delle sue primissime apparizioni ““ a somministrare la dose necessaria di rock grezzo. Le cose non andarono poi troppo diversamente: nelle mani di Rodgers le scheletriche demo registrate da Bowie si trasformarono in singoli di enorme successo, senza tuttavia rappresentare nulla più di ottimi prodotti da classifica. Se non altro, tutti gli obiettivi furono raggiunti in maniera egregia: “Let’s Dance” è ancora oggi uno dei dischi più venduti e conosciuti di David Bowie, con milioni e milioni di copie piazzate in ogni angolo del pianeta e un Grammy come miglior album dell’anno perso solo contro l’invincibile Michael Jackson di “Thriller”. Brani come la title track, “Modern Love” e “China Girl” – già  apparsa sei anni prima, in una versione decisamente più bella e intensa, in “The Idiot” di Iggy Pop ““ divennero immediatamente classici da pista da ballo; nei loro ritornelli incredibilmente orecchiabili e nelle ritmiche contagiose cucite da Nile Rodgers ci sono tutti gli ingredienti del pop commerciale tipico del decennio più spensierato e superficiale del ventesimo secolo.

“Let’s Dance” deluse i fan della prima ora ma conquistò decine di migliaia di nuovi seguaci che si riversarono in massa nei 96 concerti del Serious Moonlight Tour, lo storico e trionfale ritorno di Bowie sui palcoscenici dopo quasi cinque anni di assenza. In pochi gli perdonarono la decisione di cedere alle logiche del mercato discografico e abbandonare il proprio percorso artistico; un cambiamento drastico ““ anche per quanto riguarda l’immagine, con un look stranamente “macho” reso celebre dalla foto in posa da pugile stampata in copertina ““ che in seguito egli stesso rinnegò. Non in quanto deluso dal risultato finale (“Let’s Dance” non è certamente un capolavoro, ma resta un ottimo lavoro di vecchia, sana musica da classifica), ma perchè l’inedito ruolo da popstar sorridente e tutto sommato innocua nel quale calò dopo la sua uscita lo intrappolò per buona parte del decennio, costellato di album mediocri e “pigri” come “Tonight” e “Never Let Me Down” e qualche rara perla (“This Is Not America”, “Loving The Alien” e “Absolute Beginners”). Quello che resta, a distanza di 40 anni dalla pubblicazione, è una tappa fondamentale nell’evoluzione della carriera di David Bowie ma, considerando i suoi standard di qualità , non imprescindibile.

David Bowie ““ “Let’s Dance”
Data di pubblicazione:  14 aprile 1983
Tracce:  8
Lunghezza: 39:41
Etichetta:  EMI
Produttori:  David Bowie, Nile Rodgers

1. Modern Love
2. China Girl
3. Let’s Dance
4. Without You
5. Ricochet
6. Criminal World
7. Cat People (Putting Out Fire)
8. Shake It