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Il progetto Pynch nasce con Spencer Enock e i suoi primi demo. Nel 2017 la band si completa con Julianna Hopkins e James Rees, per raggiungere, successivamente, la sua forma definitiva con Scott, fratello di Spencer, che va a prendere il suo posto al basso. Dopo una lunga gavetta, un sacco di chilometri per suonare e una fan base sempre più ampia, ecco arrivare, finalmente, “Howling at a Concrete Moon”, l’album d’esordio, che suona fresco, accattivante e con testi tutt’altro che banali. Ammetto che non credevo che il loro album d’esordio mi avrebbe così positivamente colpito. Mi sbagliavo, perché invece l’indie-rock incalzante e coinvolgente della band è un vero e proprio antidoto ad altri ascolti noiosi e poco incisivi. L’incrocio di chitarre che vanno spesso in crescendo nel brano, ritmiche coinvolgenti e synth che tracciano la travolgente linea melodica crea la giusta base strumentale per i testi di Spencer, abile a tratteggiare, con acuta ironia, piccole e grandi contraddizioni dell’Inghilterra attuale in nitide fotografie sonore.

La band al completo si è prestata a rispondere alle nostre domande.

(L’intervista, nella sua forma originale, è presente sul numero 512 di aprile 2023 di Rockerilla)

Ciao ragazzi, come va? Da dove ci state scrivendo?
Spencer: Ciao Riccardo, io e Scott ti stiamo scrivendo da un appartamento a Brixton, Londra! Stiamo bene Grazie e siamo entusiasti di parlarti dell’album. Credo che James ci stia scrivendo dal lavoro haha
Julianna: Ti sto scrivendo da Alexandra Palace, nel nord di Londra. Anch’io sto bene e grazie per averci dato la possibilità di fare questa chiacchierata!

La prima versione di “Disco Lights” è stata pubblicata nel novembre 2019. L’album di debutto è appena arrivato…non si può certo dire che abbiate avuto fretta, no?
Spencer: Ahh amico mio, sinceramente nessuno al mondo voleva finire questo disco più di noi. Dopo “Disco Lights”, Dan Carey mi aveva parlato di voler fare un album insieme, ma poi è arrivato il Covid e si è dedicato ad altri progetti, così abbiamo dovuto riorganizzarci. Da allora, siamo in modalità autoproduzione e lavoriamo tutti a tempo pieno per poter fare musica. Io personalmente non sono solo nella band, ma gestisco l’etichetta, mi occupo del merch e prenoto i tour, quindi c’è molto di cui occuparsi oltre a fare musica. Siamo comunque molto soddisfatti di quello che abbiamo fatto e non vediamo l’ora che tutti possano ascoltarlo. Vogliamo sicuramente pubblicare musica più regolarmente ora che abbiamo superato i “pericoli” dell’album di debutto.

“Disco Lights” è stata prodotta da Dan Carey che hai citato, lui è un produttore che, sempre di più, dopo aver lavorato con Foals, Squid, Fontaines D.C. e Wet Leg, si conferma un valore aggiunto. Come siete entrati in contatto con lui? C’è qualcosa che ricordate con piacere del lavoro fatto con Dan?
Spencer: Erano anni che mandavo musica alle etichette e non ricevevo molte risposte, ma poi una volta, mentre facevo il turno di notte, mi è venuto in mente di mandare in giro qualche demo e così ho mandato “Disco Lights” e “Haven’t Lived a Day” alla Speedy Wunderground. Qualche settimana dopo, mentre ero in vacanza, ho ricevuto un’email da Dan che diceva: “Mi piace da morire“. Mi sono dovuto sedere per circa dieci minuti per per metabolizzare la cosa e poi spiegare ai miei amici meno indie quanto fosse clamorosa quell’e-mail haha. Lavorare con lui è stata un’esperienza incredibile, non dimenticheremo mai di aver registrato “Disco Lights” nel suo studio.
James: Ricordo con affetto l’intera giornata, tutto suonava benissimo fin da subito e gran parte del tempo è stato trascorso in soggezione di fronte a tutte le incredibili attrezzature musicali presenti nello studio. Da allora, abbiamo sicuramente esplorato il mondo dei sintetizzatori e delle apparecchiature di registrazione un po’ più acutamente e con attenzione.
Julianna: Ricordo di essere rimasta molto colpita da quanto Dan Carey avesse già pensato al suono e alla produzione del brano prima ancora che noi arrivassimo. Conosceva tutte le parti e e ha dato un contributo creativo incredibile. È stato piacevole lavorare con qualcuno che si era preso il tempo di ascoltare con cura il nostro demo e che aveva capito veramente cosa stavamo cercando di fare.

In questo debutto avete voluto Andy Ramsay degli Stereolab al vostro fianco come co-produttore. Come è stato lavorare con lui?
Spencer:
Lavorare con Andy è stato molto divertente e ci ha davvero aiutato a prendere le mie registrazioni casalinghe e a trasformarle in un album finito!
James: Sì, mi è piaciuta molto l’esperienza nel suo complesso, Andy ci ha fatto ridere molto, ha condiviso alcuni aneddoti relativi agli Stereolab e ci ha sfidato a fare della musica nel miglior modo possibile.
Julianna: registrare con Andy è stato fantastico. È una persona molto onesta e divertente. Come probabilmente ho già detto a tutti dopo la registrazione, lavorare con un produttore che è un batterista professionista è stata un’esperienza fantastica. Ha prestato molta attenzione al suono della batteria e ho anche potuto usare tutta l’attrezzatura ritmica degli Stereolab durante le registrazioni.
Scott: Sì, è stato piuttosto surreale lavorare con Andy. Io e Julianna avevamo appena visto gli Stereolab, l’estate prima delle registrazioni. Era la mia prima volta in uno studio di registrazione, lui non poteva essere più gentile e conosceva bene cosa e come fare. È stato una specie di sciamano per questo album.

Sono rimasto molto colpito e divertito dal racconto dei vostri tour in Inghilterra e in Europa con la vostra Skoda Fabia. Ma quell’auto esiste ancora o è andata in pensione? Credo che avventure come quella siano servite sicuramente a far conoscere la vostra musica, a creare una fanbase, ma anche a rendere il gruppo molto affiatato, che ne dite?
Spencer: La Skoda è viva e vegeta, in questo momento è parcheggiata fuori casa nostra. Abbiamo passato dei bei momenti a infilare noi stessi e la nostra attrezzatura nella Fabia, ma non rifiuteremo mai un furgone se Skoda volesse metterci in contatto con noi.
Scott: Sì, ci sono stati momenti davvero memorabili. Era la vecchia auto di nostro padre, quindi è passata da una vita in periferia a una vita da sballo. Di recente, però, qualcuno l’ha scassinata e ha rubato la radio, quindi il prossimo tour potrebbe essere un po’ più cupo.
James: Personalmente preferisco di gran lunga la mia Vauxhall Meriva del 2009, ma forse perché tutti preferiscono il proprio marchio, o no?
Julianna: Ho un rapporto di amore e odio con quella Skoda. È probabilmente una delle auto più scomode con cui andare in giro! Ma ho anche un bel ricordo di noi che tiriamo fuori tastiere, drum machine e chitarre sui sedili posteriori e ci mettiamo a suonare in viaggio. Ci ha portato tanto in giro, anche con i sedili rotti e una specie di muschio che cresceva sui finestrini!

Cominciamo a parlare del disco. Ho letto le note stampa, ho seguito i testi. Ci sono molte band che, negli ultimi anni, hanno urlato la loro rabbia contro il governo e contro la situazione in Inghilterra che non è buona. Penso agli Sleaford Mods o al primo album degli Squid, solo per fare due esempi. Voi avete scelto una strada che non predilige l’urlo, ma che definirei ironica, scanzonata, nostalgica e agrodolce, per fotografare la situazione che vi circonda. L’ironia può farci vedere le cose da una prospettiva diversa? Forse ci aiuta a trovare delle vie d’uscita, ad avere più speranza, oppure la delusione rimane sempre forte? Cosa ne pensate?
Spencer:
È una bella domanda! Cerco di scrivere testi che funzionino su diversi livelli e di giustapporre gli aspetti chiari e scuri della vita. Hai ragione, però, con questo album ho voluto provare a presentare istantanee della mia vita e di ciò che è accaduto nel mondo intorno a me negli ultimi anni. Quello che sta accadendo culturalmente ed economicamente nel Regno Unito, da quando sono adulto, è stato così disastroso che credo di aver avuto bisogno di affrontarlo con ironico distacco per cogliere quanto sia stato strano viverlo. In un certo senso, credo che l’umorismo possa rendere le osservazioni ancora più forti, in quanto può mettere in evidenza l’assurdità di una situazione e può essere disarmante per chi ascolta. Direi che siamo anche tutti pacifisti piuttosto che combattenti, quindi credo che questo che questo si rifletta nell’atmosfera della nostra musica.

Mi piace tantissimo il primo brano, “Haven’t Lived a Day”. Ci sono i vostri classici synth, un lavoro ritmico preciso ma anche una chitarra rumorosa, forse la più rumorosa dell’intero disco. Per me è un bel biglietto da visita, come se aiutasse l’ascoltatore a trovare i vostri elementi principali fin dalla prima traccia. Avevate già in mente che questa sarebbe stata la prima canzone?
Spencer: È molto carino da parte tua, grazie! Quando abbiamo iniziato a definire la tracklist ho pensato che “Haven’t Lived a Day” sarebbe stata scelta come apertura per tutte le ragioni che hai menzionato. Penso anche che i versi iniziali, “Tryna figure out just what I’m feeling/Trying to understand just what I’m seeing” introducano il concetto dell’album di cui parlavo nella risposta precedente in modo abbastanza diretto per l’ascoltatore.

L’atmosfera del disco è irresistibile. Ci sono canzoni che sembrano così leggere, così pop, scanzonate, luminose, con una melodia irresistibile. Dal punto di vista musicale, mi sembra che vi siate davvero concentrati sull’avere un disco che potesse essere orecchiabile fin dal primo ascolto. Cosa ne pensate?
Spencer: Questo significa molto per noi Riccardo, siamo contenti che ti sia piaciuto! Ad essere onesti, i testi sono la cosa più importante per me ed è su questo che mi concentro quando scrivo, anche se tendo a scrivere la melodia allo stesso tempo. Faccio fatica a guardare oltre i testi che mancano di autenticità o personalità, a tal punto che possono davvero rovinare le canzoni per me. Per quanto riguarda la musica, invece, cerchiamo di scrivere parti memorabili per tutti gli strumenti, quindi è davvero bello sentire che le melodie ti sono entrate subito in testa durante l’ascolto.

Spesso le vostre canzoni hanno un climax: la chitarra diventa sempre più forte e importante. “Disco Lights”, per esempio, è un meraviglioso esempio di guitar-pop: semplice, diretto e immediato. Sembra quasi suonato dal vivo. Mi dà una carica pazzesca. Questo brano è sempre stato così potente?
Spencer: Grazie, pensiamo molto alla dinamica e alla struttura delle canzoni quando le arrangiamo. Quindi penso che tu abbia ragione, ci sono spesso dei climax nelle canzoni! Con la versione dell’album di “Disco Lights”, volevamo consapevolmente renderla un po’ diversa da quella che abbiamo registrato con Dan. Questa versione è più filiforme e cruda e posso persino sentire nella mia voce che ho un paio d’anni in più, il che è piuttosto strano. Ahaha.
James: Credo che questo brano abbia sempre avuto una buona energia, è divertentissimo da suonare…di solito apriamo con questo brano i nostri spettacoli dal vivo ed è sempre una buona canzone per darci la carica!
Julianna: Mi piace sempre suonare “Disco Lights”. È stata modificata dal demo alla versione che abbiamo registrato con Dan a quella dell’album. In tutte le versioni (anche dal vivo), abbiamo mantenuto il semplice ritmo della batteria e le chitarre che aumentano. Sento che tutte le versioni siano potenti a modo loro, ma questi sono gli elementi trainanti della canzone.

Adoro quando si alza il ritmo, penso a canzoni come “Tin Foil” o “The City”. Mi vengono in mente i Franz Ferdinand. Ma poi mi trovo innamorato di una canzone come “London” che sembra tirare fuori un vostro lato più oscuro e malinconico. Forse sono le due facce di una vostra stessa medaglia, cosa ne pensi?
Spencer: Penso che ci sia un filo di malinconia che attraversa tutto il disco, ma “London” ha davvero un’atmosfera più cupa e pesante e forse più inquietante di molte altre canzoni.
James: Anch’io adoro “London”! Credo che sia la mia canzone preferita di tutto il disco, adoro la parte cantata verso la fine e di solito mi fa venire i brividi ogni volta che arriva la parte centrale. Mi piacciono anche le canzoni più veloci, sono divertenti da suonare dal vivo!
Julianna: Penso che le canzoni allegre e quelle più cupe abbiano tutte il loro posto nell’album, contribuiscono tutte a raccontare la storia. Amo e sono molto orgogliosa di tutte le canzoni che abbiamo registrato, ma “London” è sicuramente una delle mie preferite al momento e non vedo l’ora di iniziare a suonarla dal vivo.

Mi piace definire “2009” come una canzone psycho-pop: un viaggio musicale quasi psichedelico. Credi che la mia definizione sia giusta?
Spencer: Penso che sia un ottimo modo per definirla haha Dal punto di vista del testo è uno dei brani più personali, uno di quelli in cui sto facendo un viaggio emotivo per cercare di riconnettermi con il mio io adolescente. Dal punto di vista sonoro, volevamo ottenere una sorta di dreamy-slacker-skate-pop-psichedelico.

Che bello chiudere il disco con “Somebody Else”. Ci sono alcuni dischi che finiscono con brani lenti, come se invogliassero l’ascoltatore a rilassarsi dopo un lungo ascolto, alla fine dell’album, voi, invece, tenete il ritmo alto e chiudete con un pezzo travolgente e, comunque, non è certo facile trovare un singolo come ultima traccia di un album. Com’è nata l’idea di chiudere il lavoro proprio con questa canzone?
Spencer: Sono felice di sapere che ti sia piaciuta la scelta di “Somebody Else” alla fine! Ho pensato molto alla lista dei brani prima di finire e mixare l’album e volevo che il disco finisse con una nota positiva e di sfida. Per molti versi, “Somebody Else” è diventato anche un po’ un manifesto della nostra musica e del mondo sonoro che cerchiamo di creare, quindi ci è sembrato giusto chiudere l’album con questa canzone. Mi piace molto il synth glitch che conclude la canzone e il fatto che l’ultimo verso del disco dica “le sigarette non si fumeranno da sole/non puoi vivere la tua vita per qualcun altro“, che credo si leghi molto ai temi del disco ed è un bel pensiero esistenziale da lasciare all’ascoltatore.

Ma è vero che il titolo dell’album vi è stato dato dalla serie televisiva dei Simpson?
Spencer: Sì, in realtà avevo già scelto il titolo dell’album ai tempi del liceo, molto prima di formare la band. C’è un episodio in cui Moe diventa un poeta e la sua raccolta si chiama “Howling at a Concrete Moon”. Penso che sia un titolo così evocativo che si adatta al disco ed è un piccolo tocco giocoso.

Ma quel Dream sulla copertina dell’album era presente anche nell’immagine originale? È una bellissima fotografia….
Spencer: Sono felice di sapere che ti piace la copertina! In realtà è una foto dello skyline di Margate, dove io e Scott siamo cresciuti. L’edificio è un parco a tema chiamato Dreamland, ma l’ho modificato in Dream quando ho realizzato la cover, proprio per accentuale quella parola. Penso che funzioni bene, perché inseguire i propri sogni è un tema centrale del disco. Pensa che uno dei miei primi lavori in assoluto è stato proprio a Dreamland, quindi questo è un altro dettaglio divertente.

Grazie ancora per la vostra disponibilità, ragazzi. Quali sono i vostri progetti ora che l’album è uscito?
Spencer: Grazie a te per le belle domande e per aver dato un ascolto così approfondito all’album! Siamo in tour nel Regno Unito e in Europa e poi abbiamo in programma alcuni festival per l’estate. L’album 2 è ben avviato e ci lavoreremo.
Scott: Sì, siamo molto eccitati per il prossimo capitolo. Il nuovo materiale suona davvero bene.
James: Grazie per aver chiacchierato con noi Riccardo!