Fin troppo legati ai vecchi stilemi del post-punk gli statunitensi Corker, che pure ci regalano un album di debutto degno di nota intitolato “Falser Truths”. Il quintetto di Cincinnati gioca sul sicuro ma lo fa con gusto e cognizione di causa, tentando la sorte con nove tracce di grande impatto ma dal gusto davvero un po’ troppo antico.

Poca America e tanti ricordi del periodo a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 in un disco che di giovanile ha solo la passione profusa dai suoi interpreti. Si viaggia parecchio indietro nel tempo: la band cita The Fall, Nocturnal Projections e Josef K tra le influenze, prova assai timidamente a lambire i terreni del krautrock e dell’industrial, ma non nasconde un certo fascino per le più recenti sonorità slacker rock di fine millennio. In questo senso, se siete estimatori delle produzioni di Pavement e Silver Jews, potreste apprezzare l’ottima “Sour Candy” posta in chiusura di lavoro.
Non sono dei mostri di originalità questi Corker. Qualche peculiarità, tuttavia, la presentano anche loro. Il loro è un post-punk caotico e aggressivo, dal sound abrasivo e grezzo, dominato dalle distorsioni e dalla voce sgraziata del cantante Luke Corvette. I tratti melodici, pur non assenti, vengono spesso e volentieri travolti dall’energia incontrollabile del punk, dalla carica ruvida del garage rock e dalla follia del noise, che troviamo nel rumore di fondo e nei solos deraglianti di sassofono sparsi qua e là.
Dalle canzoni di “Falser Truths” emergono barlumi di spensieratezza (“Lice”, “A Fitting Compensation”, “Edge Of Teeth”, la già citata “Sour Candy”) ma anche ombre di irrequietezza – amplificate dalle influenze darkwave che sono alla base di “Seeking, Marching”, sorretta da un luridissimo riff di sintetizzatore. Tanta varietà ma ancora poca personalità: il primo album dei Corker è davvero molto valido ma, in filigrana, si intravedono potenzialità ancora inespresse.













