Misteri del pop. Enigmi fluorescenti e sonori. Altro che Houdini ed i suoi trucchi in odor di leggenda. Sì, perché il nuovo album di Dua Lipa, “Radical Optimism”, pur se ricamato su misura per l’artista londinese e pur contenendo al suo interno dei brani di ottima fattura, non riesce (ancora?) a fare breccia negli animi e nei cuori di coloro che avevano invece strabuzzato gli occhi per quel gioiellino dance-pop che rispondeva al nome di “Future Nostalgia”.
Ciò detto, proviamo a mettere subito le cose in chiaro: delle dichiarazioni e dei voli (fin troppo) pindarici effettuati dalla Nostra prima della pubblicazione del disco in questione – ovvero, tutti quei peana entusiastici circa i presunti richiami ad un certo Brit Pop dei Novanta e più in particolare ai Blur – se ne poteva fare volentieri a meno. Anche perché, sottolineatelo pure con la penna rossa, pezzi in stile Oasis o che rimandino in qualche modo ai sopraccitati Albarn e soci, negli undici pezzi che vanno a comporre la tracklist di “Radical Optimism”, non vi è traccia.
Fatta questa doverosa, doverosissima premessa, va anche detto, ad onor del vero, che il terzo album in studio di Dua Lipa è un’opera dignitosissima, che si spinge un pò più in là del suo (bel) predecessore. Non foss’altro che per la presenza in fase di produzione di quel genio del male (con accezione positiva, naturalmente) del caro vecchio Kevin Parker (Tame Impala).
In brani quali “Houdini” – primo singolo estratto – o la stessa “Training Season”, infatti, il tocco magico del poliedrico artista australiano è sin troppo evidente. È pop psichedelico ma allo stesso tempo danzereccio, quello di “Radical Optimism”, poco da dire. Va da sé, naturalmente, che ogni capsula musicale vada sempre inserita in un dato contesto, così da riuscire a coglierne l’essenza più veritiera. Ed allora il nuovo lavoro di Dua Lipa va preso per quello che è: ossia come una buona raccolta di (ottima) musica pop. Non solo.
“Illusion” e la stessa “Falling Forever” ci dicono chiaramente che al di là della sua patina ultra-colorata, “Radical Optimism”, tutto sommato, resta un prodotto decisamente accattivante. Provando a fare dei paragoni (forse un po’ azzardati, ma che servono a rendere l’idea) in un’ipotetica gara alla sperimentazione messa in atto con gli altri due pesi massimi del pop universe mondiale, ovvero Beyoncé e Taylor Swift, Dua Lipa è colei che ha provato maggiormente a mescolare le carte, anche a costo di andare incontro ad un rischio fin troppo azzardato.
Ascoltando, però, un pezzo come “Whatcha Doing”, l’impressione è che l’artista di origini albanesi abbia voluto ridisegnare, in un altro immaginario, le atmosfere vincenti di “Future Nostalgia”. Insomma, non si tratterà del nuovo “Definitely Maybe” (davvero qualcuno ci aveva creduto?), ma “Radical Optimism” è riuscito comunque ad alzare l’asticella qualitativa della proposta discografica di Lipa. Difatti, il pubblico più generalista ha già storto il naso.
E se non è questo un sintomo di qualità…