I Big Special avevano attirato la nostra attenzione con una serie di singoli interessanti che avevano reso il loro esordio molto atteso, un esordio che lo dico subito è una bomba, il duo composto dal frontman Joe Hicklin e dal batterista Callum Moloney riescono a infilare una serie di pezzi potenti sia dal punto di vista musicale che da quello dei testi, poetici e diretti ben si combinano con l’energia che pervade tutto il lavoro.

Photo Credit: Richard Mukuze

L’album ha il pregio di raccontare brano dopo brano un mondo fatto di vicende personali e critica sociale, se la classe operaia ormai è da tempo andata in paradiso e si è imborghesita ( come “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri descriveva e profetizzava nel 1971) ora si preannunciano scenari nuovi che in Italia iniziamo a conoscere solo da poco tempo, scenari che venivano descritti nel 1995 in Francia da “L’odio” di Mathieu Kassovitz e che si fanno sentire più che mai presenti, una classe operaia post industriale intimamente depressa, una periferia idealizzata e ostile, una nazione decadente che merita di essere raccontata con la forza della poesia e dell’ironia, è così che i Big Special riescono a catturare l’attenzione con un ascolto pieno, intenso, diretto.

Se nelle intenzioni possiamo riconoscere un po’ dei primi Idles, di The Streets o degli Sleaford Mods in realtà questi ragazzi riescono a creare un loro tutto loro tra soul, punk blues e uno spoken rap con un sapore di periferia metropolitana che cattura, brani che hanno anche ottime scelte melodiche che la voce di Joe Hicklin è capace di valorizzare.

Nel citare alcuni brani voglio iniziare da “BLACK DOG / WHITE HORSE”, davvero un singolo notevole, con un andamento country blues e una melodia irresistibile mette in mostra l’abile scrittura di Joe Hicklin, con frasi da appuntarsi come “..The shape of my intention Is not the shape that I’m in..” o” ...Why do sad people lie? There’s a script lit inside your eye“, il testo parla di un inquietudine capace di deprimere mentre all’orizzonte vedi arrivare un cane nero che cavalca un cavallo bianco ( la depressione? La svolta autoritaria reazionaria? Tutte e due?).

Altro gioiellino è “TREES”, a colpi di sintetizzatori diventa piano un inno e il loro No peace finisce per diventare il commento che ti perseguita in un testo delizioso divertente e tragico allo stesso tempo: “..Stavano fumando crack nell’atrio Mi ha chiesto se volevo comprare degli occhiali da sole Ho detto: “Sto bene, amico” Se ci fosse solo il sole Potresti venderlo ad una prezzo più alto Ma non lo ha trovato divertente Era ottobre Ha detto: ” Puoi indossarli quando hai i postumi della sbornia..“.

L’album è valido per i testi ma anche la loro musica e le scelte melodiche sono azzeccatissime (a tratti sorprendenti per l’efficacia con la quale ti avvolgono e catturano), sono irresistibili anche quando si lanciano in un rap che è anche uno spoken interpretato con sentimento come fanno nell’ulteriore gioiello che chiude l’album “DiG!” nel quale i fiati e l’ottima voce di Joe creano una dimensione epica.

Ogni brano è una storia piacevole come ” DESPERATE BREAKFAST ” tra cantato e un rap arrabbiato sul primo pasto della giornata prima di andare in un posto dove non vorresti andare o “BLACK COUNTRY GOTHIC” che apre l’album, rap e cantato su una bella base con la batteria di Callum Moloney che ha la capacità’ di animare tutto l’album, e anche “iLL” e “DUST OFF / START AGAIN” costruite sapientemente come d’altronde tutti i brani che compongono questo ottimo album.

Oggi dopo un lungo ascolto continua a interessarmi e sicuramente sarà uno di quei lavori che ogni tanto ritirerò fuori, i Big Special hanno regalato a tutti un esordio davvero bello e divertente, non posso far altro che stare dalla loro parte e cantare con loro “ …. Right Well Right Oh, well I am a butcher’s bin And so are you (Right”).