A ben sei anni di distanza dal debut album (“Stranger Today” del 2018) ritorna sul mercato discografico il trio indie-rock di Soph Nathan. La già chitarrista delle Big Moon, infatti, insieme ai fidatissimi Joshua Tyler (al basso) e Lauren Wilson (alla batteria), ha dato vita a un disco gustosissimo e decisamente godibile il cui titolo è “The Good Kind”.
Provando a scandagliare i meandri compositivi dell’album in questione, si tratta di undici tracce che arrivano dritto al punto senza perdersi in fronzoli oltremodo tediosi. Il bel refrain di “Who Do You Love”, per esempio, gira intorno a delle linee di basso davvero notevoli, trasportando l’ascoltatore in quell’universo malinconicamente poetico chiamato Our Girl. Sì, perché la band formatasi a Brighton quasi un decennio fa, riesce a mescolare – con innata sapienza e ritrovata maestria – immaginari evocativi e note incisive dal chiaro sapore autunnale.
Del resto, basta ascoltare brani generazionali quali “Relief” o la stessa title-track per rendersi conto di trovarsi al cospetto di una formazione che sa maledettamente il fatto suo e che ha confezionato un’opera qualitativamente ineccepibile. Per chi scrive, però, il vero e proprio capolavoro dell’album risponde al nome di “Unlike Anything”, pezzo centrale (e centratissimo) della tracklist. Sarà per il suo giro di basso fiammeggiante o per quell’aura atavica da instant classic, ma siamo certi di trovarci di fronte ad un piccolo gioiellino sonoro.
“Absences”, invece, va a concludere in maniera regale (e con sobrio intimismo), un disco che rappresenta uno dei lavori più interessanti dell’attuale annata musicale. In pratica, Soph Nathan e soci si sono riaffacciati sul proscenio musicale attraverso un album maledettamente convincente e che ridipinge con estrema lucidità le pareti luccicanti dei corridoi sonori inaugurati dai Nostri sei anni or sono.
Provando a tirare un po’ le somme, dunque, potremmo definire questo “The Good Kind” come la gradevolissima riconferma di una band che non delude le aspettative e che va a riposizionarsi esattamente lì dove l’avevamo lasciata nel 2018: a un centimetro (o poco meno) dal capolavoro assoluto. Altro che progetto solido, Our Girl è una bellissima realtà.