

10. OCTOBER DRIFT
Blame Me Young
[ Physical Education Recordings ]
La nostra recensione
Terza prova sulla lunga distanza per la band di Taunton che conferma ancora una volta un incredibile talento piazzando probabilmente la migliore produzione. Le dodici tracce di “Blame The Young” scorrono in maniera impeccabile senza che una si lasci preferire ad altra in un caleidoscopico mix di sound tra shoegaze, post-punk e ballad di livello.

9. ELBOW
Audio Vertigo
[ Polydor/Geffen ]
La nostra recensione
Nel decimo album della compagine mancuniana si rivedono le sonorità spigolose tipiche degli esordi, ancorché le sensazioni a 360 gradi del full-length rimangono ancorate a melodie calde e ricercate (“Very Heaven”), incastonate all’interno della track list varia dove è possibile rinvenire sfaccettature che spaziano dal funky (“Balu”) alla world music (“Her to earth”) di Peter Gabriel.

8. LONDON GRAMMAR
The Greatest Love
[ Ministry of Sound / Sony Music ]
La nostra recensione
Seguendo le orme tracciate dalla precedente esperienza, il nuovo lavoro band di Nottingham aggiunge però in “The Greatest Love” un sound dai contorni più ampi e inesplorati. Il grande merito dei London Grammar (Hannah Reid, Dan Rothman e Dot Majo) è quello di aver trovato con questo nuovo disco un punto di equilibrio eccezionale nel quale i momenti più intimi e pacati si ritrovano a fare i conti con accattivanti ritornelli (vedi “LA” o “Rescue”).

7. JOAN AS A POLICE WOMAN
Lemons, Limes & Orchids
[ PIAS ]
La nostra recensione
Con il precedente capolavoro “The Solution Is Restless”, la poliziotta aveva realizzato un opera maestra con la collaborazione del defunto pioniere dell’afrobeat Tony Allen nonché con Dave Okumu e Damon Albarn. In questo album Joan Wasser, e la nuova una nutrita schiera di pezzi da novanta, realizza una sorta di evoluzione delle delle precedenti sonorità aggiungendo ulteriori elementi e arrangiamenti che manifestano un risultato ancora una volta impeccabile.

6. THE SMILE
Cutouts
[ Self Help Tape / XL Recordings ]
La nostra recensione
Terzo album per Thom Yorke e i suoi The Smile e secondo quest’anno per questo eccezionale progetto. “Cutouts” e il precedente “Wall Of Eyes” si equivalgono ma per entrambi probabilmente poche altre parole possono essere spese se non per confermare lo strepitoso lavoro del polistrumentista di Wellingborough.

5. JERRY CANTRELL
I Want Blood
[ Double J Music ]
La nostra recensione
Con “I Want Blood” Jerry è tornato alle origini della sua anima hard rock, accantonando dunque il caldo e gioviale viaggio tra i sentieri southern rock del precedente “Brighten”. Il nuovo album ripercorre sonorità roventi come il metal sa generare, in un turbinio di riff che avviluppano le nove tracce sfoggiate dal cinquantottenne di Tacoma.

4. HUMANIST
On The Edge Of A Lost And Lonely World
[ Bella Union ]
La nostra recensione
Seconda prova per il progetto di Rob Marshall, col nome di Humanist, che anche in questa circostanza ci omaggia con un numero consistente e illustre di partecipazioni. Il chitarrista degli Exit Calm ripercorre senza soluzione di continuità la precedente esperienza omonima orfana purtroppo dell’amico Mark Lanegan al quale il grandissimo Dave Gahan lo omaggia nell’intenso e profondo “Brother”. L’intero disco è un susseguirsi di melodie suntuose rese ancor di più eccelse dalle collaborazioni e, tra queste, quella con Ed Harcourt con il quale ha disegnato i migliori momenti del full-length.

3. IDLES
TANGK
[ Partisan]
La nostra recensione
Quinto capitolo per Idles che arriva a quasi due anni di distanza dal precedente ottimo “Crawler“. Nella nuova fatica, la band di Bristol non si discosta dalle trame post-punk marchio di fabbrica ma questa volta il piatto si arricchisce di ulteriori percorsi sonori che includono derive elettroniche come in “POP POP POP”, senza rinunciare al punk d’ordinanza come in “Hall & Oates”, anche se “Roy” è, e rimane in questo scampolo di 2024 la canzone dell’anno!

2. THE CURE
Songs of a lost world
[ Universal ]
La nostra recensione
Dopo sedici anni il buon vecchio Robert riesce a regalarci un opera maestosa, ricca di trame darkwave e melodie senza tempo. E si, il tempo sembra essersi fermato a casa Smith e soci perché il nuovo “Songs of a lost world” è di una bellezza irraggiungibile e si piazza, senza temere smentite, tra i migliori della band inglese.

1. JACK WHITE
No Name
[ Third Man Records ]
La nostra recensione
Primo gradino del podio senza sorprese per il sottoscritto anche se con il capolavoro di cui sopra le mie certezze hanno vacillato sino all’ultimo. Con “No Name” Jack White, aka di John Anthony Gillis, ci fa immergere in tredici episodi intrisi di tanto vigoroso blues-rock con poliedriche derive lo-fi e garage in un turbinio di sonorità grezze, sporche e nervose. Album eccezionale senza alcun punto debole,