
Dal 15 al 18 novembre, a Minehead, cittadina inglese del Somerset, si è tenuto lo Shiiine On Festival, che anche quest’anno ha messo in piedi una lineup strepitosa per chi ha sempre amato l’indie-guitar-pop anni ’80 e ’90. Tra i protagonisti della manifestazione c’era anche Mat Flint che ha rispolverato un set dei Revolver in formazione completa e non solo in acustico. Per noi, che dei Revolver stessi siamo sempre stati grandi estimatori, l’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare, così ci siamo fatti due chiacchiere con lui (alcuni giorni prima del suo live) sulla sua vecchia band, lo shoegaze e possibili progetti futuri.
(L’intervista, nella sua forma originale, è contenuto su Rockerilla 532, uscito nel dicembre 2024)
Cominciamo con questa gran bella notizia: sei nella line up dello Shiiine On Festival e suonerai le canzoni dei Revolver con una vera band e questa è proprio una sorpresa, perché ero abituato a vederti da solo, in acustico. Cosa è successo questa volta?
Si, è veramente una cosa molto eccitante. Ero stato prenotato per un concerto acustico, ma quando ho iniziato a pensarci ho deciso che volevo davvero farlo con una band. Sai, gli spettacoli acustici vanno bene…ma mi manca suonare con la potenza di una band. L’ultimo concerto dei Deep Cut risale probabilmente al 2014 o al 2015, quindi quasi dieci anni fa, e mi manca fare rumore! Chris Davis (Spotlight Kid, Six By Seven, TRANKS) si era offerto di suonare la batteria per me qualche anno fa e così ho deciso di accettare la sua offerta. Mi ha consigliato Rich Davidson, che suonava con lui negli Spotlight Kid e lui ha accettato. Ho chiesto ai ragazzi di Shiiine On se erano disposti a farmi suonare con una band e loro sono stati entusiasti. Finora abbiamo fatto solo una prova, ma Chris e Rich sono ottimi musicisti, quindi il suono è già buono!
Non vedo comparire la parola Revolver: se non erro sei sempre stato chiaro sul fatto che la band non si sarebbe riformata, mancando Hamish Brown e Nick Dewey. Quindi non possiamo parlare di una reunion. Tuttavia, la domanda è ovvia…pensi che ci saranno altri concerti con questa formazione che suonerà canzoni dei Revolver?
A dire il vero, come ti avevo accennato, lo spettacolo era stato prenotato per me come set acustico, e quindi i manifesti e i volantini sono stati fatti solo con il mio nome. Ti confesso che non ho ancora deciso se questo progetto debba chiamarsi Revolver o meno. Da un lato, non si tratta dei Revolver come eravamo conosciuti, dato che non ci sono Hamish o Nick, ma se sono io a suonare le canzoni dei Revolver con una band, questo li rende comunque Revolver? Non riesco a decidere! Ma sì, speriamo di fare altri concerti l’anno prossimo. Ce ne sono già alcuni in programma!
Sbaglio o la voglia di tornare a suonare i brani dei Revolver ti è tornata in mente durante il periodo dei COVID? Ricordo che avevate fatto uno o due live stream, giusto? Da dove è nata l’idea?
Sì, credo che sia iniziata allora. Avevo visto parecchi componenti di altre band che facevano live streaming…ricordi…la gente era in isolamento e non poteva andare agli spettacoli e mi era sembrata un’ottima idea. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto farlo, inoltre, io stesso non facevo concerti da qualche anno e mi piaceva l’idea di mettermi un po’ sotto pressione e fare una performance dal vivo. Ho provato le canzoni un paio di volte e poi sono andato live, senza registrarlo in anticipo. Volevo che sembrasse proprio un concerto! Se andava male, andava male. Non avevo idea di quanti lo avrebbero guardato e solo dopo ho saputo che un bel po’ di persone lo avevano fatto. L’ho fatto con il telefono e non avevo gli occhiali, quindi non potevo nemmeno vedere il numero di utenti che in quel momento lo stavano guardando. Il primo è stato visto 6000 volte nei primi tre giorni, il che è stato piuttosto buono! Mi è piaciuto farlo, così ne ho fatti altri due. E poi sì, un paio di persone mi hanno chiesto di suonare un set acustico alla loro festa o al loro festival e l’ho fatto molto volentieri.
Per curiosità, Mat, nei primi demo della band c’eravate solo tu e Nick? Perché su Bandcamp c’è scritto che in molti dei primi brani suonavi anche il basso…
Sì, eravamo solo noi due. A quel punto non ci eravamo ancora trasferiti a Londra e non avevamo ancora conosciuto Hamish. Quei demo sono stati realizzati molto velocemente; dovevano essere solo versioni grezze di canzoni su cui avremmo lavorato in futuro. A quel punto stavamo cercando un bassista, ma anche un altro chitarrista e qualcuno che cantasse. La mia voce era lì solo come guida/idea, finché non avessimo trovato qualcun altro.
Onestamente non avrei alcun problema ad accostare i Revolver ai nomi più apprezzati dello shoegaze. A mio avviso potreste quasi essere considerati tra i “padri fondatori” insieme a nomi fondamentali come Ride, Slowdive e My Bloody Valentine. Che ne pensi?
Mi fa piacere sentirtelo dire Riccardo, ma in realtà non mi sembra che sia così, forse tu sei fin troppo nostro fan. In realtà io penso che siamo stati praticamente dimenticati! Non siamo mai nelle liste dei “migliori album shoegaze” o altro. Anche se siamo stati uno dei primi gruppi che sono stati chiamati “shoegaze”, sembra che siamo stati cancellati dalla storia del genere. Certo, non credo che dovremmo essere menzionati alla stregua dei My Bloody Valentine, che per me sono una delle più grandi band di sempre e non credo che fossimo neanche lontanamente paragonabili agli Slowdive o ai Ride, quindi posso anche capirlo. Abbiamo certamente avuto dei momenti che sono stati all’altezza di quelle band, “Heaven Sent An Angel” è uno di questi, ma siamo stati in giro solo per un periodo molto breve, mentre quelle band hanno fatto buoni dischi per un periodo molto più lungo.
Negli anni ’90 ti infastidiva vedere accostato ai Revolver il termine shoegaze?
Devo ammettere che all’epoca non ci avevo mai pensato. All’epoca in cui esistevamo e venivamo chiamati “shoegaze”, era un termine dispregiativo usato dalla stampa musicale per sminuire le band. Quindi, ovviamente, non volevamo essere associati a questo termine! È stato solo dopo il nostro scioglimento, molto tempo dopo, che il termine ha iniziato a essere “reclamato” e usato in modo positivo. Ogni volta che i Deep Cut venivano chiamati shoegaze, a noi andava bene, davvero.
Ti dirò una cosa che potrebbe farti sorridere. Ho sempre pensato che il primo demo di “Heavent Sent an Angel” (agosto/settembre 1990), con quel suono di chitarra, la batteria quasi tribale e le voci riverberate, avrebbe potuto stare bene sul disco “Cold Water Flat”. Mi sembra che ci sia un legame con i suoni di quel lavoro.
Oh, è interessante quello che mi dici Riccardo. Non ci avevo mai pensato in questo senso! Ma capisco cosa intendi. Quando abbiamo fatto quel demo, i due brani più importanti erano “Fool’s Gold” e “Soon”. Negli ambienti in cui ci muovevamo all’epoca, si sentivano quelle canzoni ovunque. Ho sempre pensato che quelle due uscite ci abbiano influenzato nella realizzazione del nostro brano, in particolare nel demo. Le congas che abbiamo inserito erano sicuramente un cenno a quel suono “baggy” o indie-dance, le abbiamo poi eliminate nel demo successivo, perché pensavamo che potessero far sembrare la canzone “datata” molto rapidamente.
“Molasses” è una canzone che mi lascia a bocca aperta. Ci sono alcune delle vostre canzoni che sono più “morbide”, permettetemi questo termine, ma Molasses per me è sempre stata un pugno in faccia, una sorta di “heavy shoegaze”: pensate anche voi che sia una delle vostre canzoni più potenti e ruvide?
Certamente, sono d’accordo con te. Nick era molto appassionato di band americane come i Mudhoney, i Nirvana e gli altri gruppi Subpop, prima che il grunge diventasse un fenomeno di massa. Amava i gruppi con un drumming molto aggressivo, come i Bitch Magnet. Il suo disco preferito era “You’re Living All Over Me” dei Dinosaur Jr. e credo che si possa sentire in brani come “Molasses” e “Venice”. Eravamo un amalgama di tutte le cose che ascoltavamo da adolescenti e quelle influenze si sentono eccome. È una delle mie canzoni preferite, mi piaceva quel lato del nostro lavoro.
Mi piace molto la versione demo di “Wave”: è più veloce di quella dell’album, vero?
Ad essere sincero non ho mai fatto caso alla velocita, ma ti posso confermare che è in una tonalità diversa. L’ho alzata di un paio di toni per la versione dell’album. Era un po’ troppo bassa per me per cantare e per rimanere intonata quando veniva fatta dal vivo: ha funzionato un po’ meglio per me in una tonalità leggermente più alta. L’intero demo, comunque, suona benissimo. I tre brani che abbiamo fatto con Martin Nicholls hanno un suono che non abbiamo mai più ottenuto, con nessun produttore.

Comunque Mat il giro di chitarra di “Heavent…” ma sai che l’avrò ascoltato un milione di volte? Mi sono sempre chiesto come ti sia venuto in mente… voglio dire…è qualcosa che mi fa venire la pelle d’oca ogni volta. Ti sei reso conto che era una canzone speciale?
Credo che l’abbiamo fatto, sì, ce ne siamo resi conto…è stato davvero strano, perché l’ho scritta solo il giorno prima di fare il demo. Ho preso gli accordi, li ho registrati molto velocemente e poi sono uscito…e mentre ero fuori mi è venuta in mente la linea di chitarra solista. Sono riuscito a ricordarla e a scriverla sopra gli accordi quando sono tornato a casa, pensando di avere una buona idea per una canzone. La mattina del demo, io e Nick l’abbiamo suonata e abbiamo elaborato una struttura molto approssimativa, del tipo “fai questo per un po’, poi ti faccio un cenno e passiamo al momento successivo“. L’abbiamo fatto per il demo e suonava bene: non c’è stato bisogno di modificarlo, né di rifarlo, né di altro. Anche l’“assolo” di chitarra alla fine, in realtà non l’ho mai pianificato esattamente, avevo un’idea approssimativa di quello che avrei fatto, ma quello che ho suonato sul demo ha funzionato e l’abbiamo mantenuto esattamente uguale da allora in poi. Non ho mai scritto un’altra canzone che mi sia capitata tra le mani come quella. Abbiamo lavorato molto duramente su tanti altri brani, che hanno richiesto molto tempo per essere elaborati, ma “Heaven Sent An Angel” è stata fatta e ottimizzata in un giorno, davvero.
Parlando di “Cold Water Flat”, mi chiedo come giudichi quel disco a distanza di tanti anni. Lo trovo magnifico, mi piace l’atmosfera quasi psichedelica e sperimentale di alcune canzoni. Sai che la title track mi ha sempre ricordato i Beatles? E poi c’è “Wave”, la mia canzone preferita dei Revolver (insieme a “Crimson”). Pensi che i fan, all’epoca, siano stati un po’ sorpresi dal suono di quel disco?
Ne sono molto orgoglioso, perché ci ho messo il cuore e l’anima. È stata la prima volta che sono stato davvero felice e a mio agio in studio. Per la prima volta mi sono sentito davvero padrone della situazione e Nigel Gilroy è stato un ottimo produttore con cui lavorare. Penso che la maggior parte del disco funzioni molto bene, ma ci sono alcune parti di cui non sono molto sicuro, ora! Ci sono alcune cose che toglierei se lo rifacessi, ma suppongo che sia così per la maggior parte delle persone quando guardano ai dischi che hanno fatto tanto tempo fa. A dire il vero non vado matto per la title track, se devo essere sincero. Ma adoro “Wave”, credo sia una delle nostre canzoni migliori, se non la migliore. Stavamo sicuramente cercando di espandere il nostro sound e di allontanarci dal guitar-pop rumoroso…quindi sì, credo che probabilmente abbia sorpreso alcune persone.
Ma dopo quel disco la band aveva in mente qualcosa per un futuro terzo album?
Sì, abbiamo fatto dei demo per 13 o 14 canzoni che ho ancora nell’armadio. Alcune erano davvero buone: c’è sicuramente un album lì dentro, con un po’ di lavoro. È qualcosa che potrei fare in futuro. Siamo stati mollati dalla Virgin alla fine del 1993, dopo che “Cold Water Flat” non aveva avuto il successo sperato. Ci è stato offerto un altro contratto, da un’altra etichetta, ma abbiamo rifiutato e da quel momento tutto si è affievolito. Ma alcune delle canzoni che avevamo erano abbastanza buone da essere pubblicate.
Un mio grande rimpianto è quello di non aver mai ascoltato il disco degli Hot Rod, la band che avevi con Paula Kelley. Vi eravate conosciuti durante il tour che avevate fatto con i Drop Nineteens, credo. Che ricordi ha di quel disco?
Sì, ci siamo conosciuti in quel tour. Paula aveva bisogno di un bassista e io ero libero, dato che i Revolver avevano appena finito di promuovere “Cold Water Flat”. Ha messo insieme un’ottima band e il disco è stato divertente. Lo abbiamo registrato al Fort Apache di Boston, un’esperienza fantastica, visto che molti dei miei dischi preferiti sono stati realizzati lì. È stata la prima volta che ho suonato un basso vero e proprio, così ho imparato a suonare un po’ meglio quello strumento.
Com’è la situazione con i Deep Cut? Stai lavorando a qualcosa di nuovo?
No, al momento no. Dopo l’uscita di “Different Planet” nel 2019, ci siamo presi una pausa. Ora viviamo tutti in posti diversi e siamo tutti impegnati in altre cose. Potremmo però tornare a parlarne prima o poi! So che Emma vorrebbe registrare altro materiale. L’altro giorno stavamo ascoltando alcuni brani in macchina.
Ho visto che stavi pensando di ripubblicare alcune magliette dei Revolver: sembra fantastico! Avete anche pensato di ripubblicare i vecchi dischi?
Si parlava di una ristampa a un certo punto, ma non si è ancora andati oltre la fase iniziale della discussione. Ma speriamo di sì, che la cosa si possa concretizzare! Sull’altro discorso, sì, ci saranno delle magliette dedicate ai Revolver, questo è certo. Tenete d’occhio la pagina Facebook della band!
C’è una canzone dei Revolver che ami particolarmente e che hai sempre gradito suonare dal vivo?
Mi piace sempre suonare “Molasses”. Ma anche “Cradle Snatch” ha una buona resa e “Crimson”.
Nella tua carriera musicale hai sperimentato e suonato molti suoni diversi, impossibile non menzionare che eri anche nei Death In Vegas. Mi piacerebbe sapere cosa ascolti al momento, hai qualche genere o gruppo preferito?
Ascolto musica in continuazione. Letteralmente, c’è sempre della musica che gira intorno a me, qualunque cosa stia facendo, anche se è solo la radio. Al momento compro un sacco di vecchi 45 giri soul e funk degli anni ’60 e ’70, è quello che mi piace in termini di acquisto di dischi. A volte faccio il DJ e mi piace suonare proprio i 45 giri. Adoro l’era post-punk, dal 1978 al 1982 circa. E mi piace ancora molto l’hip-hop dei primi anni ’90. Corro molto e questo è ciò che ascolto quando faccio attività fisica. Vado ancora a molti concerti: i migliori gruppi chitarristici che ho visto nell’ultimo anno sono i Van Houten e i Bar Italia. Ma i miei gruppi preferiti saranno sempre i Beatles e i My Bloody Valentine.
Grazie ancora Mat per la tua gentilezza. Chiudo con una curiosità che mi fa sorridere. Sulla tua pagina di Wikipedia c’è la tua carriera musicale e poi, alla fine, c’è scritto che sei un tifoso del Coventry. Se c’è scritto così, immagino che tu sia un fan appassionato… è così?
Assolutamente sì. Sono un grande tifoso del Coventry City. Lo sono fin da quando ero bambino: sono nato lì e io e mio padre non ci perdevamo quasi mai una partita in casa negli anni ’80. Cerco ancora di mantenere questa tradizione ogni volta che posso e pensa che mia figlia maggiore, Chloe, adora guardarle con me, quindi ci andiamo spesso. PLAY UP SKY BLUES!!!
