Dopo quasi cinque anni dal precedente lavoro, “Soundtrack To An Empty Room”, Charles Moothart è ritornato con un nuovo LP, pubblicato da In The Red Records e il primo a suo nome, dopo che i primi tre erano usciti con il moniker di CFM.

Credit: Bandcamp

Registrato, mixato e suonato interamente dallo stesso californiano nel suo studio a Los Angeles, “Black Holes Don’t Choke” vuole essere una riflessione sul presente qui e ora e vede Moothart utilizzare nel suo sound nuovi elementi come campionatori e altri elementi elettronici, pur senza snaturare la sua musica.

Storico collaboratore di Ty Segall e Mikal Cronin, il nativo di Laguna Beach è uno dei più stimati musicisti della scena e con buona ragione.

Il principale singolo “Roll” apre i giochi con un’inaspettata sequenza di percussioni davvero interessante, che non starebbe male anche in un pezzo hip-hop, prima di lasciare spazio a più adrenalinici e vorticosi riff di chitarra, che ci riportano su territori psych-garage più cari a Moothart, senza comunque mai abbandonare delle belle sensazioni melodiche.

Poco più avanti ecco la title-track “Black Holes Don’t Choke” che ci sorprende nuovamente con arpeggi acustici dai toni molto cupi, spostandosi facilmente verso panorami sonori psichedelici dai sapori orientaleggianti.

In “Little Egg”, dopo un inizio acustico, ecco chitarre e organo, ma ciò che più ci colpisce è la martellante e ipnotica parte drum & bass che lo porta verso la sua conclusione.

Nemmeno il tempo di riprendersi ed ecco “Clock Rats” con i suoi potenti riff garage-punk e quel suo ritmo frenetico che non si arresta.

“Timelapse Choke”, invece, cambia tonalità, utilizzando synth e altri elementi elettronici, rimanendo comunque mesmerizzante.

Un disco molto solido, varietato e ricco di energia, che mette la qualità al primo posto: un applauso meritato per Moothart.