Credit: Fabio Campetti

Sicuramente una delle cantautrici italiane più interessanti del momento, con una carriera totalmente underground fatta di collaborazioni eccellenti, che incomincia ad essere lunga e di spessore; il vento è un pò cambiato con l’ultimo bellissimo disco “Aspirin Sun“, licenziato dalla sempre lungimirante Bella Union, e, come dire, non capita tutti i giorni di essere accolti da una label così importante. Un lavoro che ha permesso ad Emma Tricca, londinese d’adozione, di farsi conoscere a quel pubblico più attento e sempre alla ricerca di percorsi di qualità, ovviamente non stiamo parlando di musica per scalare le vette delle piattaforme, piuttosto di una ricerca invidiabile, con una voglia di sperimentare senza dogmi e ammiccamenti al mercato, quelle di Emma Tricca sono canzoni vere, sincere, istintive e meravigliose.

Questo suo ultimo lavoro è uscito da quasi due anni e siamo già vicini a quello che potrà essere il capitolo successivo, detto questo, torna, per un piccolo tour italiano, passando anche da Brescia, nell’insolita e preziosa location del Mita, che non è assolutamente una music hall, ma un centro culturale / museo di tappeti preziosi, semplicemente una location suggestiva con il vizio dell’arte e del desiderio di portare progetti insoliti, fare esplorazione sonora su strade alternative, Emma è il primo appuntamento a cadenza mensile di una rassegna intitolata Voices / Hybritude che accompagnerà fino a giugno la città della leonessa. E parte proprio da qui, il piccolo giro di concerti, che toccherà cinque città, quindi in successione Como, Castelvetro in provincia di Modena, Milano, per concludere a Bassano del Grappa al Teatro Remondini.

Emma in solitaria, riprende il discorso delle emozioni, facendo un saliscendi di brani tra il recente passato del succitato ultimo album, il passato remoto delle prime cose, simpatica e a suo agio, quanto mai bravissima, con una voce che non può non lasciare indifferenti. A mio parere, insieme a Marta Del Grandi, la nostra punta di diamante per quanto riguarda il cantautorato da esportazione, internazionali e, artisticamente, alla pari con le tante colleghe.

Un’ora circa di set, nudo e crudo, scarno e leggero, immerso in luci minimali, la bellissima “Devotion”, da “Aspirin Sun”, non poteva mancare o l’altrettanto suadente “Long Letter”, dal disco “Minor White”, ma tutto il set splende di luce propria e fila via cullando, con la promessa di ritornare presto, accompagnata, per elevare ancora di più l’insindacabile talento di scrittura, che c’è nelle sue canzoni.