L’alto, il basso, il mito della caverna e quello del rock and roll. Platone e i Genesis. E poi lui, Enrico Ruggeri, che ritorna sul proscenio musicale con un album – “La Caverna Di Platone” – che è un vero e proprio campionario di suoni, rimandi, rime taglienti e metafore in cui viene messa in evidenza tutta l’urgenza compositiva (e artistica) di un musicista vero che non si è mai nascosto dietro un dito.

Credit: Press

Del resto, come canta lui stesso all’interno di uno dei pezzi più pregevoli del lotto, l’Enrico nazionale (non ce ne voglia il caro vecchio Mentana) non ha mai cercato la strada più sicura. “La Caverna Di Platone”, infatti, oltre a rifarsi in maniera poeticamente sublime ad una delle allegorie più conosciute del filosofo ateniese, è uno di quei dischi che una volta sarebbero stati definiti “concept” e che cerca di raccontare le intricate dinamiche del vivere quotidiano attraverso una sorta di musical-filosofico dannatamente accattivante.

Tradotto in soldoni, si tratta di una delle opere più convincenti e riuscite di Ruggeri da una ventina d’anni a questa parte. Già, perché ascoltando brani come la splendida title-track o la granitica “Il Problema”, ci ritroviamo al cospetto di un artista con una vision da sempre coerente a quelli che sono i suoi valori più atavici, ma aggiornata a questi anni Venti del Duemila. E cosa dire di una traccia come “Il Cielo Di Milano” se non che il Nostro riesce a descrivere malinconia e disincanto con spietata lucidità? La verità è che il buon Enrico è un mostro sacro della musica italiana e i tredici brani che vanno a comporre “La Caverna Di Platone” sono lì a dimostrarcelo. Nota dopo nota.

Prendiamo un pezzo(ne) come “Cattiva Compagnia” – col suo intro epico e con quelle linee di basso che farebbero impallidire persino i (magnifici) Bodega – quale trapper italico “di oggi” riuscirebbe a spingersi così oltre, risultando, allo stesso tempo, autorevole e credibile? Sì, esatto, la risposta è tutta nel nome inventato da Ulisse per svignarsela furbescamente da quel bonaccione del Ciclope. Nessuno.

Così, dopo l’ottimo “Benvenuto Chi Passa Da Qui” (che vede il featuring e la firma di Pico Rama, talentuoso figlio di Enrico), il disco si conclude sulle note epiche di “Arrivederci Addio” una cavalcata classic-rock che fa calare il sipario su un lavoro tra i più regali della discografia Ruggeriana. Sì, insomma, è inutile girarci intorno: “La Caverna Di Platone” rappresenta una delle uscite più interessanti di questo primo scorcio d’anno, dove solidità, mestiere (i migliori lo sanno dosare sempre con estrema sapienza) e una ritrovata ispirazione ci consegnano un artista tra i più geniali (e un tantino underrated) del Regno Delle Sette Note.