I Ditz sono passati spesso in Italia nel corso dell’ultimo anno (e torneranno domenica 25 febbraio all’Arci Bellezza di Milano, e in aprile per altre due date venerdì 11 allo Zo Centro Culture Contemporanee di Catania e sabato 12 al Wishlist di Roma), suscitando parecchia curiosità intorno a loro.

La rumorosa band di stanza a Brighton ora rilascia il suo atteso sophomore, che arriva dopo poco più di due anni dal loro debutto full-length, “The Great Regression”.
Il gruppo inglese è sempre in tour con oltre cento concerti all’anno negli ultimi tempi: avere la valigia sempre in mano li ha quindi portati a registrare le canzoni in giro per l’Europa durante le pause tra un concerto e l’altro e la maggior parte delle dieci canzoni finite su “Never Exhale” sono state provate live ancora prima di essere registrate e pubblicate e poi magari si sono trasformate ed evolute nel corso del loro cammino.
I Ditz avrebbero dovuto preparare il loro sophomore in Rhode Island e, sebbene Seth Manchester (Model/Actriz, Lingua Ignota, Big Brave) si sia occupato del mixing come da progetto originale, la band britannica ha rifiutato questa opportunità dopo essere stata invitata da Joe Talbot, loro grande estimatore, ad aprire un tour per gli Idles, finendo per registrare il tutto a Londra in un freddo gennaio.
Il recente singolo “Space/Smile” è un ottimo esempio di cosa aspettarsi: ci tornano in mente proprio gli Idles con un post-punk cattivo e intenso, un basso aggressivo e tanto noise sparato con cattiveria come le grida del frontman Cal Francis.
Ottime le chitarre math-rock di “God On A Speed Dial”, ma è soprattutto Francis, incazzato e brutale a scaldare questa atmosfera noise-rock, in cui il drumming è altrettanto rumoroso quanto le sei corde.
Si respira tanta tensione nella successiva “Smells Like Something Died In Here”, in cui passiamo da un riflessivo spoken word a un’aggressività nuda e cruda che arriva dritta in fronte attraverso la disperazione della voce del frontman.
Incredibile poi la conclusiva “Britney” della durata di quasi sette minuti e mezzo: in questo lungo lasso di tempo la canzone ti tiene inchiodato all’ascolto con Francis che grida “we build and we build and we build”, in maniera disperata e viscerale, lasciando vedere fragilità ed emozioni, anche quando la situazione diventa più rumorosa.
Un disco sicuramente non facile da digerire, ma di assoluto valore, in cui i Ditz non cercano né vogliono mai la soluzione più scontata, regalandoci una quarantina di minuti di intensità: vale la pena approfondirli e vi consigliamo di non perderli live perché facilmente diventerà il vostro concerto del 2025.












