Pochi, pochissimi artisti, nell’ultimo decennio, hanno disputato lo stesso “campionato” di Abel Makkonen “The Weeknd“ Tesfaye. Il talentuosissimo musicista di Toronto, infatti, ha (quasi) sempre fatto storia a sé, mietendo successi e consensi a colpi di hit spacca-classifiche e di album che nel corso del tempo sono diventati dei veri e propri blockbuster. Certo, i santini glitterati del re del pop (Michael Jackson, ovviamente) e del “Principe” sono sempre stati lì, a portata di mano. Ma cos’è l’arte se non un continuo rubare ai migliori? E allora “Hurry Up Tomorrow”, sesta fatica in studio (e forse l’ultima a nome “The Weeknd“) del Nostro, va a parare proprio lì, a metà strada tra alcuni lavori Jacksoniani degli 80’s e quel “Purple Rain” che tanto ha donato – in termini di popolarità – al folletto di Minneapolis.

Sarebbe un torto, però, ridurre il campionario di richiami presenti nell’album in questione, ai soli Prince e Michael Jackson. Il caleidoscopio di ispirazioni a cui (da sempre) si rifà il caro vecchio Abel, è decisamente vasto. All’interno di “Hurry Up Tomorrow”, infatti, troveremo citazioni varie ed eventuali che partono dagli Human League e finiscono con il D’Angelo di “Voodoo” (No, zia, non si tratta di Nino). Prendiamo un pezzo(ne) come “I Can’t Wait To Get There”. Ebbene, nel suo andamento dark-R&B, è possibile rintracciare almeno un paio dei numi tutelari del genere, miscelati, però, con gusto e una buona dose di sperimentazione. Quella stessa voglia di sperimentare che possiamo ritrovare tra i meandri imperiali della splendida “Cry For Me”.
L’opera nuova di Tesfaye, tra l’altro, è piena zeppa di collaborazioni che riescono a regalare orizzonti imprevisti senza invadere la metà campo del nativo dell’Ontario. Dopo l’inconfondibile tocco dei Justice all’iniziale (con tanto di sample Thrilleriano) “Wake Me Up”, Travis Scott e Florence + The Machine incidono oltremodo sulle dinamiche piuttosto autoreferenziali di una traccia come “Reflections Laughing”, mentre un mostro sacro come Giorgio Moroder è chiamato a giostrare – con sapiente mestiere – synth e armonie dell’ottima (e già a suo modo iconica) “Big Sleep”. In “The Abyss”, invece, il featuring regale è affidato alla voce e alla personalità di Miss Lana Del Rey. In pratica, l’essenzialità pop del precedente “Dawn FM” ha ceduto il passo alla magniloquenza di un album che rappresenta l’atto finale di una trilogia cominciata con l’inferno dorato di “After Hours”.
E se “Take Me Back To LA” e “Drive” si rifanno, in qualche modo, alle sonorità di “Starboy”, la title-track – quella “Hurry Up Tomorrow” che dà il titolo al disco – finisce là dove tutto è iniziato: ovvero, con le note sognanti di “High For This” (pietra miliare della prima trilogia). In definitiva, e senza alcun timore di smentita, ci troviamo al cospetto di un album – che senza alcuna fatica -possiamo definire un vero e proprio capolavoro. Funk, pop, synth, R&B, rock, cinematografia (stupendo l’omaggio al compianto e geniale David Lynch presente all’interno di “Red Terror”), convivono allegramente nei corridoi lussuosi di un progetto che va assaporato più di una volta per riuscire a coglierne l’atavica essenza. Provate a cercare in giro un altro album (pop) di siffatta grandezza. Non lo troverete.
The Weeknd, come l’antieroe di un fumetto old-school, si è finalmente tolto la maschera, lasciando spazio al fragile e peccaminoso Abel. Quest’ultimo, come una sorta di Bruce Wayne musicale, si ritrova così a girovagare in una Gotham devota al synth-funk e alla perdizione. Se non è un concept, ci va molto, molto vicino. In soldoni, “Hurry Up Tomorrow” è un otto volante da otto in pagella.