La prima ondata del nu metal, quella del periodo compreso fra l’esordio dei Korn (1994) e “Hybrid Theory” dei Linkin Park (2000), ottenne grandi riscontri da parte del pubblico mainstream e, in fin dei conti, rappresentò un fenomeno positivo. I dischi di band come Limp Bizkit e Coal Chamber, seppur lontani dall’essere prodotti di eccellenza, furono veri e propri riti di iniziazione per nuove generazioni di adepti del rock; certo, come “porte di ingresso” non sempre erano il massimo in termini di qualità, ma da qualche parte bisognava pure iniziare…no?

Ecco, in quest’ottica anche un album come “My God Has Got A Gun” dei Vukovi assume un valore diverso. Il duo scozzese, composto dalla cantante Janine Shilstone e dal chitarrista Hamish Reilly, non presenta davvero nessuna caratteristica in grado di differenziarlo dalla massa di gruppi che, da qualche anno a questa parte, stanno provando a riportare in luce l’ampio spettro di sonorità racchiuse nella sfera del nu metal/alt metal. Si seguono le coordinate moderne e radio-friendly imposte da grandi nomi del settore come Bring Me The Horizon e Babymetal.

I Vukovi, da buoni gregari del genere, si limitano a un compitino di pregevole fattura che abbraccia tutti gli elementi stilistici tradizionali del genere: chitarre e batteria innaturalmente potenti poiché sottoposte a una cura di “steroidi” in studio; riffoni semplici ma impattanti; ritornelli super-pop che devono stamparsi in testa sin dal primissimo ascolto; breakdown “scapoccianti” presi in prestito dal metalcore; influenze pop punk che qui si manifestano nella voce di Shilstone, modellata su quella di Hayley Williams dei Paramore; gli immancabili inserti glitchati che, con quel loro retrogusto un po’ dubstep, danno un tocco elettronico a un sound già di per sé molto sintetico e artefatto.

Il duo scozzese si muove in questo preciso contesto musicale. I Vukovi non alzano mai la testa per cercare di seguire piste alternative o personali, accontentandosi di dar vita a un album anonimo ma non incolore perché, in fondo in fondo, si lascia ascoltare con discreto piacere pur essendo un po’ fuori dal tempo (siamo nel 2005 o nel 2025?). Le canzoni della coppia Shilstone Reilly saranno pure derivative e indistinguibili l’una dall’altra ma, in non poche occasioni (“Gungho”, “My God Has Got A Gun”, “Fuc Kit Up”), sanno essere stuzzicanti e coinvolgenti. Tanto basta per poter ambire all’importante ruolo di “trampolini di lancio” per stuoli di imberbi da indottrinare al verbo del rock.