Credit: Rebecca Sowell (CC BY-SA 2.0)

E’ eleganza e magia quella che si respira nel pittoresco Kings Theatre di Brooklyn per questa serata a firma Father John Misty.

Il teatro è un palazzo storico nel cuore di Brooklyn, pieno di orpelli dorati e di ornamenti lussuriosi e raffinati proprio come la musica di Tillman: nonostante sia stato inaugurato nel 1929, il Kings Theatre ha comunque parecchi richiami che gli aggiungono sembianze di uno stile più retrò. Sembra davvero di stare in un film della Hollywood più classica, quella dell’età dell’oro, per capirsi. L’emozione di trovarsi in un posto simile è tanta, ve lo assicuro.

Il cantautore del Maryland, ormai portabandiera di quel folk-rock sinfonico, tra stile, ironia e – parecchio – istrionismo, che sa tormentare e tormentarsi, accarezzare e farsi amare. Uno stile cinematografico, potremmo dire, che ben si adatta a questo contesto magico in cui lo stiamo ammirando. E Il Nostro si merita gli sguardi, si merita i riflettori, come un attore di consumata esperienza tiene il palco in modo perfetto, dimostrandosi adatto a tutti i generi e a tutte le sensazioni, da quella noir a quella più melodrammatica, quella in cui tremano le mani e lui ci rassicura. Istrionico, ma non troppo, teatrale, ma anche qui in modo non troppo esagerato, piace come si accosta al pubblico, scendendo verso le prime file, quasi a voler ballare con loro. Non sarà di molte parole praticamente per tutta la sera, qualche introduzione ai brani, qualche accenno, ma è la musica al primo posto, attore perfetto anche in questo, capace di dare spazio al vero protagonista.

C’è tanto dell’ultimo album “Mahashmashana” ma è col repertorio consolidato che Joshua Michael Tillman accende il nutrito pubblico, come nascosto tra luci volutamente soffuse e sensuali: “Nancy From Now On”, “Screamland”, “She Cleans Up”, sono gioielli di una penna eccezionale. ““Nothing Good Ever Happens At The Goddamn Thirsty Crow” è forse il momento più intenso e rigoglioso della performance e ci colpisce Tillman che sulla canzone dice che è sempre più strano interpretarla più invecchia. Nell’encore, “Chateau Lobby 4″ risplende di luce propria, prima della chiusura demandata alla tenera “I Love You, Honeybear”.

L’atmosfera accogliente di questo teatro di Brooklyn ha aggiunto ulteriore calore sulla numerosa folla presente (la capacità – oggi riempita completamente – è di 3250 unità), composta in questo caso da persone di età piuttosto variegata, inclusi parecchi giovani. Che poi molti cercassero di “assomigliare” nel look al nostro Father, beh, è un altro discorso.

Una serata di musica ed in musica, stratificata dal suono di un artista di assoluto livello, che ha saputo come ispirare, divertire ed emozionare i presenti.