Anna Hanks from Austin, Texas, USA, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Artista che si è ritagliato, a suon di ottimi lavori, la giusta considerazione, da nuovo paladino di un certo soul, che parte da molto lontano. Kiwanuka era, forse, l’artista che mancava, capace di fondere più generi, con un approccio tutto suo.

A questo giro, torna, come fa spesso, anche nel nostro paese, dove gli affezionati non mancano, lo fa, appunto, per presentare il nuovo lavoro “Small Changes“, uscito lo scorso anno.

Un disco che non delude, anzi, eleva ulteriormente l’asticella, aggiungendo un nuovo tassello di qualità ad un mosaico, che sta prendendo forma sempre di più.

Assolutamente confermando le attese, in linea con i precedenti capitoli, accolto sempre molto bene dalla critica di settore, perché, come detto sopra, lo status raggiunto merita tutte le attenzioni del caso, la scrittura rimane sempre il suo asso nella manica, di alto profilo e la sua reinterpretazione di questo messaggio sonoro al passo con i tempi e figlia di una certa contaminazione con l’attualità.

Dopo la comparsata dello scorso anno a Lido di Camaiore, al festival La prima estate, anticipando il set di Paolo Nutini, torna a Milano, dove non suonava dai tempi pre pandemici, passaggio in data unica, al momento, in Italia, per presentare, appunto, il succitato quarto album.

Lo dico subito, concerto che va oltre la perfezione, undici elementi compreso lui, sul palco, che disegnano le tante melodie con cura maniacale, impossibile fare o chiedere di più.

C’è tutto quello che un appassionato potrebbe volere da un evento di questo tipo, le canzoni, che non voglio nemmeno citare o elencare (come faccio di solito), perché sono tutte belle, una ricetta strumentale ricchissima, pathos, dei visual, che sono dei piccoli film di vita vissuta a dare un importante contributo, e, ripeto, tantissima qualità.

Andando con ordine, apertura affidata a J Appiah, assolutamente in full band, artista, che sinceramente, non conoscevo, genere affine al padrone di casa, suona una mezz’ora, lo fa con il giusto piglio, non mi lascia tantissimo a livello di songwriting, ma è un giudizio, chiaramente, interlocutorio per un ascolto primordiale, però se la cava più che bene e raccoglie attenzione, che banale dirlo, non è mai così scontata per un signor nessuno alla ribalta.

Quindi Kiwanuka e una big family al seguito, che comincia intorno alle 21,30, andando a ripetermi, saranno due ore tonde tonde di grandissima musica. Non avevo mai avuto modo di vederlo dal vivo, e, al tempo stesso, non avevo ricevuto feedback così entusiasmanti al riguardo o almeno la percezione era quella, quindi partivo, inconsciamente, con aspettative da freno tirato, forse, ho avuto, casualmente, la fortuna di vederlo nel momento migliore della sua carriera, con un repertorio da vero fuoriclasse, perché, va detto, quanto lui sia un songwriter d’altri tempi, e, al netto di tutto, la possibilità di assistere ad un live con 11 musicisti sapientemente amalgamati, non capita tutti i giorni, la voglia di non lasciare nulla alla semplificazione, magari anche solo per snellire la carovana di un lungo tour e, invece, qui non si bada a spese e si regala, senza ombra di dubbio, uno dei migliori act in circolazione.