Potrebbe essere l’album più accattivante e compatto il settimo di Basia Bulat che in diciotto anni di carriera ha saputo mescolare generi, stili, pop, folk, country, R&B in dischi come “Oh, My Darling”, “Heart Of My Own”, “Tall Tall Shadow”, “Good Advice”, “Are You In Love?” senza dimenticare “The Garden” in cui rielaborava pezzi del suo passato in formato orchestrale.

“Basia’s Palace” è l’ennesima avventura per l’artista nata a Toronto e domiciliata a Montreal che ha creato questi brani soprattutto di notte, mentre i figli dormivano, con MacBook, MIDI, sintetizzatori invece di piano o chitarra, confidando nella co – produzione del fido Mark Lawson e nel mix di Tucker Martine (Beth Orton, Neko Case, The National).
Un viaggio nella mente di Basia tra ritornelli assolutamente pop come quelli di “My Angel” e “Baby”, con tastiere e archi che punteggiano ogni nota e una scrittura apparentemente semplice che garantisce nuova immediatezza alla musica di Bulat che suona speranzosa, soft e brillante in “Spirit” e “Daylight”.
“Right Now” è una ballata modernizzata dai sintetizzatori, il lato più intimista di Basia emerge in “The Moon”, “Laughter” e “Curtain Call”. “Disco Polo” fa storia a se, un omaggio alla musica dance polacca amata dal padre ma solo nel titolo visto che è il momento più nostalgico del disco. Nulla di innovativo ma nove brani eleganti, ben fatti, che scivolano via agilmente e con grazia.