Dietro il progetto canadese Unreqvited si cela un misterioso polistrumentista detto Ghost dagli amici che non sanno leggere gli ideogrammi. Il suo settimo album si intitola “A Pathway To The Moon” ed è stato pubblicato recentemente dalla sempre ottima Prophecy Productions, una garanzia per quanto riguarda le sonorità metal più gotiche, oscure e conturbanti.

Credit: Bandcamp

Una cosa quindi è certa: il talentuoso tuttofare non poteva trovare una casa migliore dove dar sfogo alle sue qualità. L’artista nordamericano vive di quelle stesse atmosfere cupe, di quegli stessi toni crepuscolari e di quelle stesse melodie gelidamente eleganti che tanto apprezzano gli estimatori delle produzioni dell’etichetta tedesca.

Il suo blackgaze epico, pulito e raffinato piacerà agli amanti delle sonorità estreme…meno estreme. Sembra un controsenso, ma è proprio così: nel progetto Unreqvited la pesantezza viene strozzata e diluita sotto quintali di melodie ben cesellate ma, in più di qualche frangente, troppo dolciastre e pop.

Su una base black metal si adagiano elementi post-rock, progressive, shoegaze e ambient. Prende forma una bella creatura meticcia che, nonostante le indubbie capacità e le buone intenzioni, suona un po’ troppo timida e docile. ? percorre sentieri già attraversati da tanti suoi colleghi in passato e non aggiunge nulla di nuovo o interessante al discorso blackgaze. Si fossilizza sulle atmosfere, sugli arrangiamenti e sulle trame sinfoniche senza mai inquadrare ciò che realmente dovrebbe contare: le emozioni e la sostanza.

“A Pathway To The Moon” è un buon album che piacerà sicuramente ai fan più incalliti del genere. I semplici curiosi, invece, non troveranno molto in un lavoro poco avvincente perché troppo elaborato e “perfettino”. Nient’altro che un bel compito da parte di un artista al quale sta molto a cuore dimostrarci quanto sia bravo. E senza ombra di dubbio la bravura c’è – ma dove sono il coraggio e l’originalità?