Il terzo album dei Darkside, “Nothing”, segna una piccola svolta nella collaborazione tra il producer Nicolas Jaar e il polistrumentista Dave Harrington, che questa volta vengono affiancati dal percussionista Tlacael Esparza, unitosi alla formazione nel 2022. Il disco incarna la naturale predisposizione dell’ora-trio alla libera sperimentazione: una ricerca sonora che si muove serpentinamente, senza vincoli, con un approccio alla creatività dal “candore” senza tempo, verso caldi territori tra la notte a l’alba, tra qualche frattaglia digitale ed ectoplasmi di carne vibrante.

Sin dalle prime tracce, il lavoro si distingue per un’ampia gamma di influenze, come specchi che si riflettono a vicenda, distorcendo dolcemente riflessi e riverberi, e proiettando nuovi e antichi mondi. “S.N.C” mescola la “classica” impronta psichedelica del progetto con ritmi funk dal sapore vintage, mentre “Are You Tired? (Keep On Singing)” unisce scenari ambient ad avvolgenti riff dal tocco latino. Un pezzo come “Graucha Max”, invece, si muove con disinvoltura tra suggestioni afrobeat e distorsioni industriali, per poi sorprendere con un’inaspettata deviazione ritmica che guarda a sonorità urban contemporanee, senza mai cadere nel cheap. I Darkside più ipnotici e convincenti sono comunque quelli che attingono per l’appunto…alla loro croccante dark side: è ciò che avviene in pezzi come “Heavy Is Good For This”, con quella frastagliata svagatezza tra morbida seicorde e torbide pulsazioni, o in “American References”, dove incontriamo ancora sapori latineggianti, virati verso pagane danze notturne, mescolati a puntelli elettropop e accorati viluppi di chitarra. Un pelo meno interessanti ma da non sottovalutare i due tentativi soul-blues di “Hell Suite part I/II”, che lasciano addosso una madida sensazione di vulnerabilità e nostalgia. 

Anche se rimango molto affezionato ai primi due lavori, bisogna dire che con questo nuovo album il progetto Darkside continua a risultare sempre affascinante: è un tuffo nel vuoto alla ricerca di una sorgente vitale, attraverso la quale non ritrovarsi, ma proprio perdersi di fronte alla frammentazione dell’Attuale, in un denso ma anche leggero profluvio di cangianti suggestioni e artigianali schegge di musica in liquefazione, fatta per sudare, riflettere, osservare i pensieri, la poesia dell’orrizonte e la decadenza del cemento, la distanza e la presenza, l’Io e il Noi.