Chiusa con “Beck-Ola” la prima edizione del Jeff Beck Group, quella con Rod Stewart e Ronnie Wood, Jeff Beck reclutò nuovi compagni d’avventura e pubblicò altri due album sotto quell’insegna, poi nel luglio del 1972 archiviò definitivamente l’esperienza.

Formò quindi una band con due vecchi amici, il bassista Tim Bogert e il batterista Carmine Appice, che erano stati la sezione ritmica dei Vanilla Fudge e in quel momento lo erano dei Cactus. Il power trio pubblicò un album di studio (“Beck, Bogert & Appice”) e uno dal vivo (“Live In Japan”).

Le cronache narrano che successivamente, nel 1974, Jeff Beck fece un provino per i Rolling Stones, che erano alle prese con la fuoriuscita di Mick Taylor.

Non andò a buon fine e allora si dedicò ad un album a proprio esclusivo nome.

“Blow By Blow “è in pratica un disco esclusivamente strumentale, che viaggia spesso orizzonti jazz / fusion – Beck era rimasto particolarmente impressionato recente lavoro della Mahavishnu Orchestra, “Apocalypse”, e chiamò lo stesso produttore: (niente meno che) George Martin – e con ripetute svisate funky che chiamano alla mente lo stile di Stevie Wonder.

E in effetti qualcosa c’entra anche lui: “Thelonius” è una sua composizione, così come “Cause We’ve Ended As Lovers” – che era già apparsa un anno prima sul secondo disco di Syreeta Wright (appunto prodotto da Wonder), ma è qui nella sua versione definitiva, un’elegia struggente e dilatata in cui la chitarra di Jeff Beck accarezza e ruggisce senza soluzione di continuità che non solo è il pezzo centrale di “Blow By Blow”, ma lo è di un intero arco artistico.

La rilettura di “She’s A Woman” dei Beatles (lato b di “I Feel Fine”) si distingue soprattutto per l’arrangiamento in stile calypso e l’uso del talkbox (peraltro: prima che Peter Frampton lo sdoganasse), “Costipated Duck” (tralasciando il titolo), per l’abbondanza del clarinet e i suoi cambi di tempo repentini, “Diamond Dust “per le sue fantasiose aperture orchestrali deliziosamente misurate.

In “Blow By Blow” non c’è nulla dell’approccio (proto) hard rock che aveva reso Jeff Beck un fenomeno nella seconda metà dei sixties. Però, anche grazie alla produzione di George Martin, è un’opera ben più visionaria e fantasiosa, perfetta cartina tornasole del suo talento generazionale.

L’articolo nella sua forma originale lo trovate su “Non siamo di qui” che ringraziamo per la gentile concessione.

Pubblicazione: 29 marzo 1975
Durata: 44:35
Dischi: 1
Tracce: 9
Genere: Fusion
Etichetta: CBS inc., Epic Records
Produttore: George Martin

Tracklist:

You Know What I Mean
She’s a Woman
Constipated Duck
Air Blower
Scatterbrain
Cause We’ve Ended as Lovers
Thelonius
Freeway Jam
Diamond Dust (