
Cristiano Godano pubblica, oggi, il nuovo disco “Stammi accanto”, il secondo in cassaforte, dopo l’ottimo esordio in solitaria di “Mi ero preso il cuore”, un disco concepito e registrato addirittura quattro anni fa, a cavallo della pandemia. Come spiegherà meglio lui, i tempi non erano maturi per un album del genere, lasciato a sedimentare per un po’ e, tra i mille impegni della band di Cuneo, il 2025 ha regalato il momento giusto per licenziare queste nuove canzoni. In solitaria, prende, ragionevolmente, le distanze dai Marlene Kuntz, tutto più rarefatto e cantautorale, un disco elegante e colto, del resto, come ci ha sempre abituato, complice una scrittura da linguaggio forbito e profondo, filosofico e metafisico a servizio di liriche profondamente poetiche, già classiche di per sé. Un autore ispirato, con una voglia matta di tornare, nuovamente, sul palco, lo farà ancora a supporto di questo ottimo sophomore, accompagnato, per l’occasione, dai Guano Padano di Asso Stefana.
Abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere telefoniche con lui.
Com’è nata la gestazione del nuovo album, che noto essere stato registrato addirittura 4 anni fa, in mezzo è vero che c’è stato il fitto lavoro con i Marlene Kuntz, ma come mai questa scelta di pubblicarlo così lontano dalla sua conclusione? Tornando a quei giorni, sei arrivato con canzoni primordiali, quindi lavorate e vestite direttamente in studio, o partivate da dei provini già definiti?
In effetti queste canzoni sono state pensate e scritte 4 anni fa circa, sono coeve di una parte rilevante di un momento brutto dell’umanità, si sta parlando della pandemia, andando a ritroso nel tempo mi sono reso conto che le stavo pensando più o meno in concomitanza con la scoperta del vaccino, quindi era un periodo particolare nella particolarità dell’evento in sé, la pandemia era particolare, il momento era ancora più particolare, perché l’umanità speranzosa cercava di risollevarsi e quindi io sentivo un vigore li li per esplodere, c’era bisogno di uscire di nuovo (anche fisicamente), c’era bisogno di rimettersi in vita sostanzialmente e questo mio disco che ha a che fare con il Covid da un punto di vista temporale, ma le cui canzoni non hanno nulla a che fare con il Covid, aveva però con sé e ha tuttora degli elementi che io identifico nella vulnerabilità, nella riflessività, nell’arrendevolezza.
Il periodo, secondo me, non si conciliava bene con questo desiderio di rinascita dell’umanità, come se io cercassi di stare ancorato a un periodo problematico, laddove l’umanità scalpitava per uscirne, allora mi sono sentito in dovere di mettere un piccolo stop all’uscita, temevo che non fosse il momento giusto, il momento giusto poi è arrivato in questi ultimi mesi perché laggiù, si cercava di uscire da qualcosa di brutto e qua si è ufficialmente entrati in qualcosa di altrettanto brutto che è il clima triste dell’umanità, la parola guerra, è una parola che nominiamo quasi tutti i giorni, siamo incupiti e impauriti e il disco contiene, come ho detto prima, questi elementi anche della vulnerabilità, della redditività, del desiderio di reagire in un contesto complesso mi sembravano appropriati e mi sembra che non si debba avere timore della propria vulnerabilità come base di partenza per costruire la speranza credo che la speranza sia un elemento vitale per tutti noi, credo ci debba impedire di rimanere in qualche modo intrappolati da un sentimento di paura di angoscia e sperare può aiutarci ad uscirne o a renderci vivi e quindi vulnerabilità e speranza sono connessi e credo appropriati a questo periodo, per quanto riguarda queste canzoni e come ci siano arrivate, nella forma più scarna possibile, erano semplicemente “songwriting”, infatti questi brani, quando mi capiterà di suonarli da solo e non con la band, staranno in piedi per conto loro, perché nascono cosi’.
Il suono è assolutamente più classico, acustico quanto altrettanto distante, com’è giusto che sia, da quello dei Marlene (Come del resto il primo disco), E’ stata una scelta, come dire, spontanea o avevi in mente anche un periodo o un segmento musicale da prendere come reference?
Se si parla di reference istintive, anche qua, di sicuro non avevo in mente gli Idles quando ho pensato alle mie canzoni e non avevo neanche in mente gli Shellac, ma non sono esattamente il mio tipo di ascolti più ricorrenti in questo periodo, mi piace ascoltare gli Idles, se ne ho voglia ovviamente ma c’è anche tutta un’altra serie di cose che mi piace ascoltare. E’ un’attitudine che io ho, quando imbraccio la mia chitarra acustica in casa, andando in quella direzione, perché mi appartiene, poi da questo disco in particolare il suono, secondo me, è più pulito, forse ancora, del precedente, dove c’era più una sensazione maledetta dall’inizio alla fine, cupa e decadente, mentre invece in questo disco c’è una serenità diversa e anche una pulizia del suono diversa ma le mie references mentali, sono quelle grandi figure del cantautorato americano internazionale c’è qualcosa anche nell’aria di grandi figure italiane queste cose messe insieme istintivamente mi fanno desiderare di avere un sound che non sia necessariamente post-punk e noise, perchè non è esattamente il mio interesse cristallizzarsi in quell’unica forma espressiva.
Come avviene il tuo processo di scrittura, domanda se vuoi banale, ma è frutto di una scrittura quotidiana quasi “impiegatesca” e disinteressate, per non dire casuale strimpellando un’acustica, quindi, raggiunto un certo malloppo, decidi di passare alla fase B, oppure ti prendi un mese (o quello che serve) isolato da tutto per dedicarti a scrivere materiale, quasi da concept?
Io vorrei essere più metodico di quanto sono vorrei fare quella cosa che dici tu come prima opzione ogni giorno dedicare del tempo sia a suonare che a scrivere secondo me è il metodo giusto per tenere in vita le dinamiche del processo creativo a partire dall’ispirazione alla capacità di evolvere ecc..dubito fortemente che si debba scrivere soltanto quando presumi di essere ispirato con l’effetto contrario credo che si debba fare si tiene in esercizio la propria attività creativa ogni giorno secondo me; in realtà io predico bene, ma razzolo male perchè non sempre faccio così, dipende molto dai periodi, ci sono momenti che mi accendo e per qualche giorno di fila sono chiamato a prendere la chitarra in mano e a tirar giù accordi che poi, in qualche modo, fermo se mi piacciono e lo stesso per la scrittura però a mia parziale scusante, c’ho un fatto cioè che sono in una fase molto piu’ performativa, che creativa, mi piace molto andare in giro a suonare, mi piace molto stare sul palco e in questa fase della mia vita è più la performance, che non la creatività ciò che mi tiene in vita.
Sai che “Nel respiro dell’aria” mi ha riportato a “nuotando nell’aria”, ma con prospettive decisamente diverse. Nel brano dei Marlene nuotare nell’aria non ti bastava neanche per immaginare una figura, non ti dava soddisfazione, ora invece voli alto e libero, in un totale senso di libertà e con uno spirito sereno. Non mi permetto di dire che questo nuovo brano sia il seguito di “nuotando nell’aria”, ma mi piaceva come ora l’immagine dell’aria fosse sinonimo di serenità rispetto al passato…
Io, quando ho pensato all’immagine de “Nel respiro dell’aria”, ho deciso di trasformarla in titolo non era neanche presente in me la consapevolezza che avevo fatto una canzone che si chiamava “Nuotando nell’aria”, se me ne fossi reso conto avrei scelto un altro titolo, proprio per evitare qualsiasi tipo di fraintendimento ma in realtà, pero’ c’è una motivazione migliore secondo me, unire queste due canzoni ma metterci dentro anche idealmente altre canzoni, io credo, in realtà, che nella mia poetica un leitmotiv fra altri sia quello del liberarsi in volo scappare dalle contingenze terrene, trovare una via di fuga, e questa è una evidentemente una sorta di aspirazione istintiva, ovviamente “nuotando nell’aria” è poi una canzone chiaramente d’amore, pero’ ho proiettato nell’aria le turbe, ma poi penso a “Lieve”, che è anche l’oltrepassare in volo piu’ in là, penso al ritornello di “A Fior Di Pelle”, dove parlo del cielo leggero e impassibile nel quale anche li, vorrei ritrovarmi proiettato e penso a “La Fuga” da “Karma clima” che è una canzone che è stata scritta nelle alture e, li, avevo veramente la sensazione di sganciarmi dalle contingenze terrene, quindi esiste nella mia poetica il desiderio di proiettarmi in volo un po’ come le figure di Chagall e i suoi quadri e “Nel Respito dell’aria” è una canzone che si innesca su questo solco di questa sorte di tradizione.
In “Eppure” parli di sogno e ricerca di poesia e bellezza nel mondo, che rimane sempre un gran bel messaggio, forse l’unico possibile per salvare una società sempre più avara di cultura, composta da nuove generazioni ignoranti di tutto il bello che c’è stato, rimani sempre una persona curiosa, appassionata, alla ricerca di nuova musica e non solo, se ti va di consigliare ai nostri lettori, un artista, un disco, un film che ti ha colpito nell’ultimo periodo
La frase a cui sono più affezionato, sempre nel ritornello di quella canzone, è “pure so che devo continuare a sperare“, che ritengo essenziale per non soccombere in questo momento delicatissimo del percorso dell’umanità.
Per me il problema principale, tuttora, rimane quello del cambiamento climatico però, poi, in realtà, ovviamente, c’è tutto il resto del contesto geopolitico che ci mette ansia ed è giusto essere impauriti dalla situazione delicata e sperare come ho detto prima, forse, sia l’unico antidoto rimasto a non soccombere ai sentimenti della paura e della pietrificazione nell’angoscia.
La poesia e la bellezza giustamente, come dici tu, hanno sempre valori positivi. Li ho comunque nominati nel ritornello, proprio per questo motivo e sono più che un’aspirazione alla cultura che in questo momento è in disgrazia presso i giovani
La diffusione presso il popolo della cultura, non è sicuramente la priorità delle classi politiche dominanti in questo momento, credo che abbiano, semmai, il desiderio di lobotomizzare sempre di più la gente attraverso i social e internet.
Più che l’utilizzo di queste due parole poesie e bellezza in chiave culturale, anche qui un baluardo una sorta di desiderio di resistenza, la bellezza e la poesia, nel mio immaginario personale, hanno molto a che fare con la sensibilità, anche con una fruttuosa attitudine ingenua nei riguardi del mondo.
Ho sempre sostenuto che l’ingenuità nei riguardi del mondo, permetta di andargli incontro per recepire la sua bellezza se si è maliziosi se si è dubbiosi ci si preclude lo sguardo propositivo e fruttuoso che si può, invece, avere andando a raccogliere le sensazioni positive, per me poesia e bellezza hanno molto a che fare con questa sensibilità da non trascurare.
Ci sono già delle date promozionali, cosa aspettarsi dal nuovo tour, se puoi spoilerare qualcosa?
Un sound magnifico, le prove con i Guano Padano mi hanno veramente eccitato, poi Asso ha fatto due e tre assoli prova, si è lasciato andare e ho sentito delle cose bellissime, è un concerto che sta per aderire in maniera completa alle mie ambizioni, ai miei sogni e ai miei desideri di poter portare finalmente in giro i miei pezzi come li penso e li desidero, io finora ho potuto suonare i brani del mio disco precedente da solo per milioni di motivi e ora finalmente c’è la possibilità di andare in giro con una band e quello che ho sentito in sala prove mi ha entusiasmato, sono veramente eccitato e spero che molta gente venga a condividere con noi queste emozioni.
Biglietti per il tour QUI.
