
Istituzione di un certo songwriting raffinato ed elegante, Mark Eitzel, che torna nel nostro paese, è stato il leader degli American Music Club, per anni furono considerati il fiore all’occhiello, come reference di un certo modo di fare canzoni e musica di livello, sopraffina e di qualità.
Dopo lo scioglimento, la stessa carriera di Eitzel prende piede e, in concomitanza come strada parallela, dato, comunque, essere lui la penna principale dei lavori, che hanno marchiato a fuoco la carriera del collettivo californiano.
La prolificità di Mark gli ha permesso di pubblicare, sia in solitaria appunto, sia in compagnia dei sodali di una vita, diversi lavori, siamo a ridosso del quarantennale dell’esordio degli American Music Club con “The Restless Stranger”, insomma, al di là di ogni ragionamento e gusto personale, quanto esposizione, siamo di fronte ad un cantautore di culto, a cui hanno attinto a piene mani, artisti arrivati successivamente.
E’ in Italia per una serie di concerti intimi, set acustici, dove porta in superficie alcuni suoi brani più celebri, reinterpretati accompagnato dalla sola chitarra.
Siamo all’arci Bellezza, che è la seconda tappa di questo trittico nel bel paese. Siamo, altresì, nella palestra Visconti, con un allestimento “a mo di teatro”, per accogliere un centinaio di intervenuti. Apre la serata Andrea Van Cleef, musicista bresciano di lungo corso, con alle spalle una carriera di nicchia, ma di spessore, con diversi lavori pubblicati sia in solitaria appunto, sia come lead singer di diversi progetti.
Andrea non lo scopriamo certo stasera, suona una trentina di minuti, felice di esserci, gran parte del tempo a disposizione viene dedicato all’ultima fatica, uscita circa dodici mesi fa, “Horse latitudes”, disco che conferma il talento e la bravura di Van Cleef, quanto la sua dedizione al pianeta musica senza se e senza ma.
Quindi Mark Eitzel, in regia, per un live, molto sentito, quasi burbero nei modi, anche solo per allontanare un fotografo intento in un piccolo reportage iniziale, come dire personalità ai limiti, ma che rientra appieno nel personaggio.
Tornando al concerto, il solito dilemma del set acustico chitarra e voce, un pò croce e delizia, dove le canzoni vivono di luce propria, tornando alla fase embrionale, ma, chiaramente, perdono della bellezza dell’orchestrazione, le sue, in particolare, sono, ovviamente, meravigliose e seminali, e, sebbene, siano rese scarne e spogliate di ogni orpello, rimangono merce rara, quanto capisaldi da riscoprire.