
Sono in giro dal 2014, ma solo nel 2020, dopo aver realizzato una manciata di EP, è arrivato il loro primo album, “Architecture”, mentre a settembre dello scorso anno gli Ist Ist hanno pubblicato, via Kind Violence Records, il loro quarto full-length, “Light A Bigger Fire“.
Proprio questo nuovo lavoro ha permesso alla band post-punk di Manchester di approdare per la prima volta anche nella nostra penisola e subito la risposta dei fan italiani è stata davvero eccezionale sin dalla prima data, quella di stasera nello storico Covo Club di Bologna, dove i biglietti sono terminati in prevendita già da oltre una settimana.
Oggi avremo dunque la possibilità di seguire l’evoluzione del loro percorso, ascoltando soprattutto i pezzi più recenti, ovviamente base fondamentale della loro setlist, puntellati con numerose chicche provenienti comunque da tutto il resto della loro carriera.
Ad aprire la serata, pochi secondi dopo le dieci di questo interessante mercoledì sera, ci pensa “Stamp You Out”, estratto dal precedente LP, “Protagonists” (2023), che ci mostra subito le coordinate che andremo a scoprire: citando band quali Editors e Interpol, se vogliamo fare paragoni attuali, gli Ist Ist ci portano verso territori post-punk cupi con un suono sporco e angolare, senza mancare mai di adrenalina, che sa suscitare subito i primi handclapping della serata da parte del pubblico emiliano.
Più avanti “Lost My Shadow” diventa più rumorosa, anche se sempre piena di energia: l’aggiunta dei synth aggiunge poi brillantezza e vivacità e il ritornello ha un non so che di catchy e una maggiore apertura melodica molto gradita.
“I Can’t Wait For You”, altro brano da “Light A Bigger Fire”, dimostra maggiormente questa loro apertura pop: ancora una volta l’abbinamento chitarre – synth funziona, portando una dinamica quasi dancey e un tocco assai piacevole.
Gli Ist Ist propongono poi anche l’inedita “Makes No Differences”, con la voce profonda del frontman e chitarrista Adam Houghton ancora una volta protagonista, mentre c’è ancora spazio per un po’ di luce prima dell’esplosione finale.
La maliconia pervade sicuramente la successica “The Kiss”, ma è la sua bellezza dolce-amara a colpirci, mentre è l’energia del drumming di Joel Kay ad accelerare il ritmo, nonostante il tono riflessivo e passionale della canzone, spingendo Houghton a caricare ancora una volta il pubblico felsineo.
“What I Know”, invece, sposta gli orizzonti verso un post-punk di stampo ’80s ricco di synth, sicuramente adrenalinico, ma cupo, sebbene il ritornello funzioni alla perfezione anche nella sua versione live.
Altrettanto buia anche la successiva “XXX”, ricca di tensione, che con i suoi synth riesce a ipnotizzare i presenti, mentre la passione di “Dreams Aren’t Enough” trova ancora i sintetizzatori protagonisti, aggiungendo un gradito tocco pop alla serata, senza perderne in energia e brillantezza e inducendo il pubblico emiliano all’ennesimo handclapping.
La serata si chiude con “Slowly We Escape”, preso dal loro debutto full-lenght “Architecture”: dietro la malinconia e i colori dark della riflessiva parte iniziale si cela però una voglia di esplosività, che arriva poco dopo con il ritmo che si alza con cattiveria, regalando un’ultima dose di adrenalina ai fan bolognesi.
Un gruppo che live ha dimostrato di saper dare parecchio come intensità, seguendo comunque una linea post-punk piuttosto cupa, sebbene gli ultimi due dischi, come sottolineava giustamente il collega Alessandro Tartarino in fase di recensione del loro lavoro più recente, abbiano una qualche scintilla pop pronta a uscire dal loro arco: la loro solidità anche nella fase live ci porta a pensare che questi ragazzi mancuniani potranno trovare ancora maggiori consensi in futuro.