Per chi non segue in maniera approfondita ed assidua il (pur ricco) panorama del new soul, tra puro revival e spinte moderniste, non sono poi molti i nomi illustri che vengono ricordati. In tanti nel tempo, nel mercato mainstream, hanno cercato l’erede bianco dello Stevie Wonder anni ’70.

Credit: Bandcamp

Qualcuno pensò di averlo trovato nel giovane Jamiroquai o nella promessa non mantenuta di Remy Shand, autore dello splendido “The Way I Feel”, nel 2002 non a caso per la Motown Records, quest’ultima commovente vessillo di quell’ epoca d’oro della black music di qualità aperta anche e soprattutto al mercato “bianco”.

In tempi più recenti potremmo citare “Radius” di Allen Stone nel 2015 e segnalare, su versanti molto più funk, gli Orgone.

Ed oggi che succede?

Che mi perviene all’ascolto un, per me nuovo, fresco e frizzante artista bianco (americano) che si abbevera alle fonti del soul e del funky ma, rispetto ai nomi sovra citati, impronta in maniera decisa molti brani anche di spezie Phlily Sound e boogie disco.

Segnaliamo questo “Return to zero” sia per la gustosa varietà degli stili affrontati, se pur affini, che per la qualità delle composizioni, che rendono l’ascolto deliziosamente gradevole. Un album con un groove pronunciato ma mai stucchevole, con reminiscenze sia funk che pop-soul/ disco, non dimentico della lezione di un Billy Preston o di un Sly Stone da una parte e di un Billy Paul o degli O’ Jays dall’altra.

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