Altro bel ritorno quello dei Superheaven da Doylestown (Pennsylvania) che si erano sciolti nel 2016 dopo aver pubblicato due ottimi album: “Jar” nel 2013 per l’etichetta Run For Cover, e “Ours Is Chrome” del 2015 per la Side One Dummy oltre a un discreto numero di EP.

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Anni di silenzio discografico costellati però di frequenti reunion dal vivo che avevano alimentato le speranze di chi non hai mai smesso di apprezzare lo stile del quartetto, un alt – rock con venature shoegaze e emo suonato con grinta da metallari. Una storia che forse non è mai veramente finita come dimostra il terzo e omonimo album che li vede più maturi e riflessivi.

Taylor Madison e Jake Clarke (voci e chitarre) Joe Kane (basso)  e Zack Robbins (batteria) sembrano voler recuperare il tempo perduto, tra le chitarre aggressive e ad alto tasso melodico di  “Humans For Toys” e “Cruel Times”, i singoli “Numb To What Is Real” e “Long Gone” che hanno riscosso un successo perfino superiore alle aspettative di una band che resta fedele ma non uguale a se stessa.

Brani dall’indole rumorosa e un po’ grungy come “Sounds Of Goodbyes” non hanno nulla da invidiare al passato, la scatenata eppur breve “Hothead” sfuma intelligentemente in una “Conflicted Mood” distorta e dolente, “Stare At The Void” muscolare e potente trasporta verso un finale decisamente rock con i riff ben architettati e i ritornelli ben costruiti di “Next Time” e di una maestosa “The Curtain”.

Sono cresciuti i Superheaven e lo ribadiscono in questi trentuno solidi minuti che nulla inventano ma molto ammettono, ricordano, suggeriscono. Forse la popolarità imprevista ottenuta su Tik Tok dalla loro “Youngest Daughter” potrebbe essere un vantaggio, consentendo a una nuova generazione di scoprire la storia e l’anima di una band sempre valida che per anni non ha raccolto quanto avrebbe meritato.