Zach Condon emoziona ancora. E non solo per il cambio di prospettiva che ha effettuato all’interno del suo nuovo album “A Study Of Losses”. Zach – dai più conosciuto come Beirut – ha messo in scena (ispirato dall’universo circense) un’opera epica di diciotto tracce incentrate sull’assenza e sulla vulnerabilità dei rapporti umani: dalle specie estinte di animali alle architetture abbandonate, passando per la precarietà dell’esistenza. Arrangiamenti complessi per esperienze altrettanto complesse. E catartiche. Ciò che dev’essere il circo per chi lo vive dall’interno, ipotizziamo. E’ un po’ questo, in soldoni, l’affascinante leitmotiv di un progetto che si sviluppa attraverso diciotto brani curati con la solita grazia musicale e una poetica ancestralmente sontuosa.

Credit: Shawn Brackbill

Ascoltare “A Study Of Losses” significa aggrapparsi a un filo invisibile e camminarci sopra come un equilibrista in bilico sul mondo. Pura vernice dorata. Va da sé, naturalmente, che per immergersi a capofitto nell’atmosfera malinconica di brani quali “Villa Sacchetti” o “Mare Crisium” occorra abbandonarsi completamente allo scorrere delle note, tenendo come sottofondo l’autenticità dei ricordi più che i suoni evocativi orchestrati magistralmente da Beirut. Violoncelli, archi, ukulele, sono solo alcuni degli strumenti con cui il Nostro si è accompagnato lungo il viaggio. Del resto, quello dell’artista del New Mexico, è sempre stato un cammino fatto di limpidezza sonora e di immaginari suggestivi. Come quello rappresentato all’interno di pezzi dannatamente gustosi che rispondono al nome di “Tuanaki Atoll” e “Ghost Train”.

La voce di Beirut, tra l’altro, si è fatta ancor più matura, infondendo (e diffondendo) calore e poesia attraverso il sound spoglio – ma maledettamente convincente – del disco. E allora, come definire il settimo album in studio del musicista americano se non come un capolavoro? “Garbo’s Face”, per esempio, potrebbe fungere da epico trattato circa lo scorrere del tempo e la sua inesorabilità. Oltre ad essere un chiaro omaggio all’iconica diva del Cinema muto. In definitiva, “A Study Of Losses” non è solo un disco, ma un viaggio denso di emozioni che lascia una traccia indelebile, un lavoro di grande profondità e bellezza che non sarà facile scordare. Tutt’altro.

In parole povere, mistero e meraviglia si fondono perfettamente con la strumentazione unica dell’album. Mescolando il sunnominato ukulele, due tipi di fisarmoniche, insieme a molteplici sintetizzatori, Zach ha creato un mix di elementi che richiamano l’indie-pop, la folktronica, l’ambient, la musica medievale e quella rinascimentale. Mantenendo, però, un suono esclusivamente Beirut. Insomma, all’interno dell’album miseria e maestosità si fondono per dare vita a suoni e sensazioni che vanno quasi al di là del vivere quotidiano. Diciamocelo pure: con “A Study of Losses” il mondo esoterico di Zach Condon, in arte Beirut, ha raggiunto nuove vette.