
I Car Seat Headrest sono partiti circa quindici anni fa come progetto solista di Will Toledo, che scriveva e registrava nella sua cameretta nella Virginia e metteva online su Bandcamp senza sosta i suoi lavori, ottenendo comunque ottimi riscontri sia da parte del pubblico che della critica: l’occhio lungo e sempre capace della Matador Records è arrivato nel 2015, quando la label fondata da Chris Lombardi ha messo contratto Toledo e ha realizzato il suo nuovo album “Teens Of Style“, il suo primo lavoro full-band. Dopo aver realizzato “Making A Door Less Open” a maggio 2020, la band ora di stanza a Seattle è stata costretta a fermarsi a causa del Covid e, allo stesso tempo, Will, dopo essere guarito dal Coronavirus, ha dovuto far fronte a parecchi problemi di salute e solo da poco sta ritornando a suonare dal vivo con una maggiore regolarità: nel frattempo i Car Seat Headrest hanno avuto più tempo per scrivere un nuovo LP (il loro tredicesimo), “The Scholars”, in uscita proprio oggi – 2 maggio – creando qualcosa tutti insieme in maniera molto più collaborativa che in passato. Negli oltre settanta minuti del disco (per appena nove canzoni) ci sono anche brani di oltre dieci minuti (uno, “Planet Desperation”, è lungo addirittura quasi diciannove minuti), cercando di costruire una rock-opera, mentre tematicamente, come può far supporre il titolo del disco, la storia si svolge all’interno di un college immaginario, in cui si alternano alcuni personaggi. Noi di Indieforbunnies.com abbiamo intercettato via Zoom il gentilissimo chitarrista Ethan Ives per farci raccontare maggiori dettagli di questa loro nuova avventura. Ecco cosa ci ha detto:
Ciao Ethan, grazie mille per il tempo che ci stai dedicando e benvenuto sulle pagine di Indieforbunnies. Per prima cosa ti volevo chiedere cosa stai provando ora che il vostro nuovo disco sta per uscire?
Sono molto contento e soprattutto sono contento di poterlo suonare dal vivo. Penso che sia bello poterlo suonare live dall’inizio alla fine, tutto in ordine. Spero proprio che lo potremo fare quest’anno.
Ti volevo chiedere del titolo dell’album, “The Scholars”. Ho letto che ci sono alcuni personaggi che sono molto importanti per il disco: ci puoi dire qualcosa di più in merito? Chi è che ha scritto i testi? Will oppure è una cosa collaborativa?
E’ stata una cosa collaborativa: anche se la maggior parte li ha scritti Will, anche io ho collaborato a scriverne alcuni. Per quanto riguarda il titolo è qualcosa di concettuale; il tema importante è che l’album ha luogo in questa università immaginaria, l’ambientazione è molto accademica. Tutti i personaggi che incontri nella canzoni che compongono il nostro nuovo LP frequentano questo college universitario.
Posso chiederti se è un’esperienza che avete fatto in passato, così che potete descrivere realmente come vanno le cose in un college universitario, sebbene ovviamente questa sia una cosa immaginaria?
In realtà io sono stato solo in un piccolo college, ma poi l’ho abbandonato quando ho iniziato ad andare in tour con questa band. Will, invece, è stato in un grande college universitario quindi credo che abbia ben presente queste cose. Questo setting per lui in un certo senso è stata parte di una sua fuga mentale.
Ho visto che all’interno di tutto il vostro nuovo LP c’è una certa spriritualità: cosa ci puoi raccontare a riguardo?
Dopo l’ultimo tour Will si è ammalato pesantemente. Ha avuto parecchi sintomi post-covid. Ci siamo dovuti isolare, rimanendo ognuno nella propria zona, mentre speravamo che Will potesse stare meglio. Ci sentivamo spesso in quel periodo. Credo che Will abbia trovato il tempo per fare molte riflessioni e ricerche personali, rivalutando molte cose della sua vita a causa di tutti questi cambi (dovuti alla malattia). Ha iniziato a pensare molto di più alla spiritualità. Io non sono una persona molto spirituale e quando scrivo quindi tocco di più qualcosa di culturale, ma so che per Will è stato diverso. Le canzoni sono state scritte dalla prospettiva di questo personaggio distaccato, ma i temi sono stati qualcosa di molto importante per lui.
Parlavi poco fa della malattia che ha colpito Will dopo il Covid. Ho letto che tornerete in tour nei prossimi mesi, ma in maniera sporadica. Avete già dei concerti schedulati, ma sicuramente con un programma più leggero rispetto a ciò che facevate in passato.
Sì, abbiamo già alcuni concerti programmati e se ne aggiungeranno altri. Le cose sembra che stiano andando bene e anche Will sta davvero molto meglio, ma non vogliamo forzare. Vogliamo testare molto le cose: per il momento, come ti dicevo, facciamo concerti, ma ci teniamo anche spazi salutari liberi in mezzo. Speriamo che vada tutto per il meglio e, se quest’anno sarà tutto ok, allora in futuro potremmo suonare di più e anche tornare a viaggiare più frequentemente e visitare maggiori posti come facevamo in passato.
Mi ricordo di un vostro concerto al Beaches Brew Festival a Marina di Ravenna di qualche anno fa.
Non c’ero a quello show, ma credo che la location sia spettacolare. Inoltre da voi si mangia davvero molto bene e la gente si prende molto più cura delle band rispetto a qui negli Stati Uniti.
Tornando al disco, vi devo fare i complimenti perché avete fatto delle cose nuove e interessanti: avete provato a fare una specie di rock-opera con questo nuovo album. E’ lungo oltre settanta minuti e le vostre canzoni sono molto lunghe, alcune pure di oltre dieci minuti (e una perfino diciotto). Oggi le band tendono a scrivere canzoni di tre minuti: credo che sia difficile scrivere diciotto minuti di musica, cercando comunque di mantenere alta l’attenzione dei vostri fan che la ascoltano. Avete parlato tra voi di questi rischi che potete avere con queste canzoni? A me piacciono molto, così come mi piaceva anche la musica che Will faceva nella sua cameretta qualche anno fa.
Sì, di sicuro è divertente. Non abbiamo mai pensato di creare canzoni così lunghe in realtà, Sicuramente non ci siamo mai seduti e ci siamo detti: “Ok, adesso scriviamo un pezzo di diciotto minuti”. La nostra musica i nostri gusti come ascoltatori. A Will piacciono le canzoni molto lunghe.Io amo canzoni più corte, ma mi piacciono anche quelle lunghe e di recente avevo ascoltato molto spesso i King Crimson e avevo quello nella testa. Per noi come band, come ti dicevo, credo che la nostra musica rifletta ciò che stiamo ascoltando e abbiamo questa specie di privilegio di non pensarci troppo su quando scriviamo: non ci chiediamo se verrà suonata alla radio o cose del genere. Cerchiamo di sviluppare un’idea e vediamo verso quali luoghi ci porta, quali sono i temi differenti e le parti sentimentali.
Il vostro nuovo disco mi ha ricordato un po’ i Titus Andronicus, che avevano fatto qualcosa di simile un po’ di anni fa con il loro album “The Monitor” (2010). Il loro era una rock-opera che parlava della guerra civile americana. E anche i loro concerti erano qualcosa di incredibile. Tornando alla vostra musica, invece, mi ricordo che Will, quando scriveva e registrava da solo nella sua cameretta, pubblicava tantissimo materiale da solo e poi lo realizzava su Bandcamp: il vostro album più recente, “Making A Door Less Open” è uscito a maggio 2020 e quindi sono passati ormai cinque anni, ma anche prima di questo disco e della pandemia comunque il processo di scrittura si era già rallentato un po’. Ci puoi dire qualcosa in più al riguardo?
C’è stato il lockdown e il tempo sembra essere passato molto velocemente, più di quel che pensassimo. Abbiamo fatto questo concerto per promuovere “Making A Door Less Open”, stavamo provando e immediatamente tutti questi show sono stati cancellati. Abbiamo aspettato a lungo per capire se avremmo potute fare ancora qualche concerto, è stato davvero un momento caotico per realizzare delle cose. Questo nuovo album è molto più collaborativo e ci abbiamo lavorato tanto e quindi ci è voluto parecchio per capire come far funzionare questo nuovo materiale.
Parlando del processo di songwriting: come mi dicevi poco fa, questa volta tutti voi avete collaborato come una vera e propria band: quanto è stato diverso rispetto ai vostri lavori precedenti?
E’ stato molto divertente, ma anche molto diverso rispetto ai nostri lavori passati. In precedenza Will portava il materiale già scritto e noi semplicemente registravamo il materiale che lui aveva deciso di fare. Ci sono voluti alcuni anni prima che finissimo tutto il nostro materiale già scritto: ciò è successo proprio nel periodo dei lockdown. In quel momento, per passare il tempo, ho scritto molto e ho cercato di migliorarmi sia come chitarrista che come songwriter. Inoltre stavo anche scrivendo materiale per il mio album solista, così ho anche contribuito maggiormente al songwriting della band. In generale tutta la band, non solo io, ha dato il suo contributo e il processo è stato un po’ più democratico. Così è stato più divertente. Come ti dicevo non avevamo materiale pronto così abbiamo potuto permetterci di esperimentare e di fare cambiamenti.
Quali sono state le vostre principali influenze, sia per la musica che per i testi, nel nuovo disco?
Ci sono veramente molte cose differenti proprio perché é stata una cosa più collaborativa e quindi le influenze sono state molto maggiori rispetto a prima. Will, per esempio, di recente ha ascoltato molta opera e musica per teatro. Gli piace selezionare pezzi di musica che raccontano una storia più grande, ma che allo stesso tempo hanno questi personaggi individuali al loro interno. Ci può essere un personaggio con i suoi temi musicali e poi viene cambiato e arriva un altro personaggio. Questo tipo di struttura l’ha ispirato davvero tanto. Per quanto mi riguarda, stavo ascoltando molto rock degli anni ’70 e hard-rock. Poi tutti noi amiamo band come i Pink Floyd, i King Crimson. Credo che cercassi di tenere ogni canzone come un pezzo individuale perché ogni canzone aveva un personaggio attaccato a lei. Quindi riflettavamo su dove la canzone dovesse andare, sulle sue emozioni, su quali influenze c’erano nelle nostre teste in quel momento. Inoltre stavo ascoltando molto i Black Sabbath, così magari penso che ci possa essere anche qualche loro influenza nell’album. (ridiamo) Poi ci possono essere anche stati libri o film.
Il vostro nuovo album “The Scholars” uscirà il prossimo 2 maggio: che cosa vi aspettate? Che reazioni pensate che possano avere i vostri fan?
E’ passato parecchio tempo dall’ultimo disco e non sappiamo cosa aspettarci, ma siamo molto fortunati perché gli ascoltatori dei Car Seat Headrest ci supportano davvero da tanto tempo. Abbiamo il privilegio di essere stati lontani dalle scene per un po’ di tempo e ritrovare comunque tante persone che sono interessate a ciò che facciamo. Sono passati cinque anni dal nostro ultimo album e il nuovo è molto diverso, quindi siamo davvero curiosi di sapere che cosa ne penseranno i nostri fan. Non sono nervoso, ma non so dirti cosa mi aspetto per quanto riguarda i pensieri delle persone o se gli piacerà ascoltarlo, incluso le canzoni di diciotto minuti. (ridiamo).
Un’ultima domanda: per favore puoi scegliere una vostra canzone, vecchia o nuova, da usare come soundtrack di questa intervista?
Direi “Gethsemane”. E’ una delle mie canzoni preferite del nostro nuovo album.
Perfetto. Ethan ti ringrazio tanto e spero veramente che possiate tornare in Italia il prossimo anno, magari proprio in spiaggia all’Hana-Bi. In bocca al lupo a tutti i voi e in particolare a Will.
Sarebbe fantastico. Grazie a te. Lo spero proprio.