Artista ibrida per eccellenza Annika Henderson è anche giornalista, DJ, fotografa, regista, capace con album come l’esordio “Anika” realizzato con i Beak> a Bristol e “Change” di fondere post punk, post rock, elettronica. Un sound per nulla celebrale, anzi molto fisico e spesso provocatorio. Creare uno spazio dove esistere in piena libertà è l’obiettivo di “Abyss” registrato a Berlino nei prestigiosi Hansa Studios.

Credit: Nastya Platinova

Dieci brani energici, più vicini alla forma canzone classica con ritornelli ben definiti (“Hearsay” ad esempio) chitarre e beat ipnotici, molta enfasi sulle influenze anni ottanta e novanta rielaborate senza perdere di vista la contemporaneità tra atmosfere che a volte ricordano Anna Calvi (la title track, “Honey”) altre tratteggiano un alt rock diretto e pungente ai confini col post punk (“Walk Away” e “Into The Fire”).

Il basso e la batteria trascinano “Oxygen”,  l’indole punk di “Out Of The Shadows” e “One Way Ticket” critica neppure troppo velata al neofascismo che avanza diventa rabbiosa distopia in “Last Song” che ipotizza un futuro dove sono i robot a dominare. “Buttercups” con echi dark wave e un arrangiamento minimale frutto di registrazioni in presa diretta, con pochissime sovra incisioni, chiude i giochi con grinta.

“Abyss” è l’album più spartano e lineare di Annika Henderson che dopo l’esperienza con gli Exploded View e i collage sonori di “Eat Liquid” sceglie di parlar chiaro guardando dentro l’abisso personale e collettivo in canzoni liberatorie che molto hanno imparato da Patti Smith, Genesis P-Orridge senza dimenticare Tricky con cui Anika ha collaborato in “False Idols”  e Nico evocata proprio in “Buttercups” ma non devono veramente niente a nessuno.