Sono ben cinque gli anni passati tra l’uscita di “Make A Door Less Open” e questo “The Scholars”, un tempo lunghissimo, soprattutto per uno come Will Toledo, che fino a pochi anni fa continuava a pubblicare su Bandcamp il suo materiale registrato nella sua camera: la storia è lunga e vede il frontman della band ora di stanza a Seattle ammalarsi di Covid e poi subire conseguenze dopo la malattia che lo hanno portato a un’inattività ancora più lunga di quella che già la pandemia aveva prospettato.

Credit: Carlos Cruz

Tra i vari lockdown e i già citati problemi di salute di Will le cose sono poi andate per la lunga e solo di recente il gruppo statunitense è riuscito a tornare a suonare dal vivo: tutto questo, però, non ha fermato le ambizioni dei Car Seat Headrest, che hanno appena realizzato un disco di settanta minuti, una sorta di rock-opera ambientata in un campus universitario immaginario, dove ogni canzone ha un suo personaggio che la caratterizza.

Prodotto proprio da Toledo e registrato per la maggior parte in analogico, “The Scholars” vede per la prima volta il gruppo originario della Virginia scrivere insieme, non più come in passato quando era il solo Will a portare in studio il materiale già pronto.

Ricco di spiritualità, che il frontman ha ritrovato meditando durante il periodo di malattia, il disco gode di numerose e variegate influenze, dalla musica classica all’opera, passando per i Pink Floyd e i King Crimson, ma anche libri e film.

Se “Making A Door Less Open” era più focalizzato sull’elettronica, “The Scholars”, invece, torna a concentrarsi maggiormente sulle chitarre, ma in realtà c’è molto molto di più in questi settanta minuti.

“CCF (I’m Gonna Stay With You)”, che apre i giochi e dura oltre otto minuti, inizia con un lungo intro strumentale di piano e percussioni, ma poi non mancano progressioni, riff, ottime melodie, synth, cpsì come delicatezza (il brano parla di una storia d’amore) e perfino fiati.

Sono quasi diciannove, invece, i minuti di “Planet Desperation” e anche qui gli ingredienti che si possono trovare dentro a questo gustoso mix sono davvero tanti: dalla voce teatrale di Will a morbidi tocchi di piano, passando per sei corde indie-rock cattive e fuzzy, percussioni tribali, elementi elettronici, folk romantico (con tanto di falsetto da parte di Toledo) e perfino canti corali. Eppure il tutto, minuto dopo minuto, risulta gradevole e, che ci crediate oppure no, funziona, pur nella sua incredibile e inaspettata follia

Il singolo principale “Gethsemane”, che va anche lui oltre i dieci minuti, è un’altra bella botta: dopo un inizio tranquillo, in cui appare anche un organo che aggiunge un tocco psichedelico al brano, ecco le progressioni delle chitarre a rendere il tutto molto più heavy, ma anche synth e perfino piacevoli cori.

“Lady Gay Approximately”, invece, ha incredibilmente un’anima folk descritta soprattutto con la sei corde acustica: mentre racconta una storia sempre ambientata nel college, Will riesce comunque a emozionare, descrivendo comunque toni cupi, che sembrano volerci portare tanto indietro nel tempo.

Toledo e compagni in questi cinque anni sono riusciti a preparare un disco davvero molto eclettico e intelligente che sicuramente necessità di numerosi ascolti e probabilmente non piacerà nemmeno a tutti i loro fan, ma che merita di essere premiato sia per il coraggio di rischiare che ovviamente per la sua ottima qualità. Sicuramente lo ritroveremo molto in alto nelle classifiche di fine anno.