Uno scoiattolo con una vistosa erezione campeggia sulla copertina di “The Squirrely Years Revisited”, una compilation che esplora i primi anni di attività dei Ministry attraverso una serie di vecchi brani ripensati e riregistrati in chiave più moderna. L’immagine esplicita non vuole essere solo ironica o dissacrante, ma è un chiaro indizio di quel che rappresenta il disco in questione – ovvero una deviazione senza impegni dal percorso principale; un piccolo divertissement nato non solo per soddisfare i fan più appassionati, ma anche per fare i conti una volta per tutte con una fase difficile e controversa della band.

Al Jourgensen non ha mai nascosto il suo totale disprezzo per la musica prodotta a inizio carriera, in particolare per l’album di debutto (“With Sympathy” del 1983) che, a sua detta, fu il frutto di scelte imposte dalla perfida label che li aveva messi sotto contratto (la Arista) col sogno di farli diventare la versione americana dei Thompson Twins.
Con le dodici tracce di “The Squirrely Years Revisited” si prende quindi la sua rivincita: sparisce il finto accento britannico, svaniscono le atmosfere algide della new wave, vengono cancellati i richiami al synth pop in voga a inizio anni ’80. Restano le strutture e le melodie di canzoni che hanno subito un trattamento industrial che sì le avvicina allo stile tradizionale dei Ministry, ma in larga parte le spoglia della freschezza originale.
Le modifiche approntate sono troppo superficiali e si fermano il più delle volte a una maggior presenza di chitarre elettriche. L’impressione è che Jourgensen non abbia voluto impegnarsi troppo, limitandosi ad ammodernare e “irrobustire” quanto basta una selezione di pezzi tratti dai primi due album (il già citato “With Sympathy” e “Twitch”, la prima vera opera industrial dei Ministry) e da una serie di singoli degli albori (in questo insieme spicca la celebre “(Every Day Is) Halloween”, ottima anche in questa nuova versione).
Nel complesso il risultato non convince molto e, detto con assoluta sincerità, forse poteva anche essere lasciato in un cassetto. Non c’è nulla di davvero terribile (a esclusione forse di una “Revenge” che, nelle sue nuove vesti hard rock/AOR, sembra sbucare fuori dalla colonna sonora di un brutto film d’azione) ma non c’è neanche nulla di davvero bello o degno di nota. Anche perché, parliamoci chiaro, gli esordi musicali di Al Jourgensen non sono per nulla così terribili come da lui dipinti. Per cui, se proprio volete, ascoltatevi pure “The Squirrely Years Revisited” ma poi andate a recuperarvi le canzoni originali senza guardarvi alle spalle.