Anticipato dal potente singolo “greendayniano” “Not Hell, Not Heaven”, la band californiana dei Scowl mette a segno un sophomore di livello fatto di tanto ottimo punk hardcore in tutte se sue declinazioni.

Le sonorità aggressive e focose di pura matrice nineties approcciano in effetti sin da subito in questo “Are We All Angels” con la roboante opener “Special” – singolo uscito lo scorso anno – seguita dall’esplosiva “B.A.B.E.” che regala momenti di grunge e punk rock d’annata che ritroviamo pure in “Fantasy” e, soprattutto in “Now Hell, Not Heaven”, decisamente una delle mie preferite, dove le linee melodiche fanno a pugni con pelli martellanti e chitarre tiratissime.
Caratterizzato dalla voce della carismatica frontwoman, Kat Moss, la band di Santa Cruz si completa con le chitarre di Malachi Greene e Michael Bifolco, con la batteria di Cole Gilbert e con il basso di Bailey Lupo i quali hanno dato mostra delle loro capacità di performer on stage condividendo palchi con Circle Jerks, Touché Amoré e Limp Bizkit, e partecipando a festival importanti come Coachella, Sick New World, Reading e Leeds.
Registrato e prodotto da Will Yip (Turnstile, Title Fight, Code Orange, Balance e Composure) allo Studio 4, con il quale la band aveva lavorato per l’EP “Psychic Dance Routine” del 2023, a differenza del suo predecessore “How Flowers Grow” del 2021, “Are We All Angels” vede la compagine statunitense – passata intanto alla label Dead Oceans – ancora più centrata e matura. In effetti, sia nella scelta della track list che nei dettagli degli arrangiamenti si vede un maggior controllo delle solide doti del gruppo. Brani come la malinconica “Tonight (i’m afraid)” con la sua parte finale sorprendente che strizza l’occhio alle migliori produzioni di Pretty Reckless, Dead Sara e co.
” Are We All Angels” è un album segnato dall’alienazione, dal dolore e dalla perdita di controllo. Il controllo fa purtroppo parte dell’esperienza femminile nella musica rock e in una scena piuttosto dominata dagli uomini – dice Moss -Devi essere sexy e attraente, ma non troppo, perché sarebbe da svergognati. Vuoi essere forte e talentuosa, ma non metterti troppo in mostra, perché sarebbe imbarazzante e imbarazzante. Quel lato del controllo ti appesantisce e ti scaraventa continuamente dall’altra parte della stanza, e mi fa incazzare.
Probabilmente, a parer mio, proprio con l’ex leader dei Dead Sara, Emily Armstrong (ora main voice nei Linkin Park), condivide l’ugola la nostra Kat Moss come nella trascinante “Fleshed Out”, mentre l’inizio della seconda parte del disco assume una direzione più rock oriented con melodie più pacate, si fa per dire, come in “Let you down” e “Suffer the Fool (How High Are You?)” laddove prima la rabbiosa “Cellophane” e poi la ficcante “Haunted” e, soprattutto, il vorticoso punk della title track riportano le sonorità al heavy di ordinanza.
Gran bel disco, nulla da aggiugere!